Intervista all’autore Virgjil Muçi

Vincitore Premio Kadare 2018, il prestigioso riconoscimento attribuito ogni anno al miglior libro in Albania, Virgjil Muçi è uno degli autori più apprezzati del panorama letterario albanese, pur affacciandosi in maniera potente a quello italiano. Lo abbiamo sentito per voi.

Intervistatore: Nella vita tu sei un diplomatico. Quanto la tua professione incide sul tuo essere scrittore?


Virgjil Muçi: In nessun modo. La scrittura per me è un mondo completamente a parte. Essere autore, dal mio punto di vista, significa dare il massimo di quello che posso, attraverso la scrittura. Penso che la penna sia davvero un grande mezzo, con il quale poter narrare verità e oggettività del mondo e della società, che altrimenti non sarebbe possibile raccontare. È impensabile considerare neutrali le informazioni dei media, che troppo spesso sono avvinghiati a ideologie politiche, come è altrettanto difficile che un politico possa parlare della realtà in maniera oggettiva e senza influenza alcuna. Uno scrittore, invece, cerca sempre di farlo, cerca sempre di sforzarsi di raccontare in maniera approfondita e obiettiva i fatti e di andare a fondo, scavando nei meandri più intimi della società. Certo il ruolo del narratore non è quello di risolvere le problematiche che affliggono il sociale, ma di narrarne i mali in maniera lineare e onesta, quello sicuramente sì. Questa è la mia convinzione, che premetto, non è sempre facile da realizzare. Non è semplice suscitare l’interesse del lettore, mantenere il contatto con lo stesso, far sentire la propria voce, specialmente se si appartiene a un Paese come l’Albania, in cui l’attenzione di chi legge è sempre spostata verso gli autori internazionali.

Int.: Quando scrivi un libro, il tuo obiettivo primario qual è?

V. M.: Il lettore naturalmente. Io ho scritto romanzi e ho scritto fiabe, due generi differenti, anche se la definizione di genere letterario non mi appartiene, ma l’intento è sempre stato quello di arrivare al lettore. Riprendo il concetto espresso sopra: arrivare al lettore in maniera concreta e mantenere il contatto con lo stesso, è importante, affinché la società non si dimentichi dell’autore, in maniera tale da poter essere sempre “vivi”.

Int.: La Piramide degli spiriti, è il tuo ultimo libro pubblicato in Italia. Vincitore in Albania di un Premio importante, tradotto poi in italiano. Sono arrivate le prime timide critiche sui media italiani, che si sono rapidamente trasformate in un successo. Come nasce l’idea di questo romanzo e soprattutto perché la trascrizione in chiave ironica?

V. M.: Ho voluto guardare con obiettività la realtà dell’Albania e metterla su carta. L’uso dell’ironia nella narrazione, nasce dalla convinzione che la satira risponda bene al cinismo della società e che costituisca una preziosa lente di ingrandimento per quelle che sono le problematiche sociali. La Piramide degli spiriti è un romanzo totalmente privo di eroi. Il protagonista, Mark Mara, torna in Albania, dopo aver vissuto in America, portando avanti, se pur nei panni di un manager, una vita fatta di illegalità, che gli costa anche il carcere. Torna in quella che è la sua Patria, che lui non ha mai visto, con la speranza di poter ricostruire una vita limpida e serena. La realtà con cui si scontra è decisamente lontana dalle sue più floride aspettative. Mark trova un Paese corrotto, alla ricerca del potere e totalmente assorbito dalle piramidi finanziarie. Così anche Mara decide di costruire la sua di Piramide, tornando indietro sui suoi passi. Ho pensato, quindi, di voler raccontare la tragicità in maniera comica, perché penso che una realtà come questa possa largamente superare la fantasia di uno scrittore.

Int.: Quanto c’è di te in Mark Mara?

V. M.: Mara non è un personaggio autobiografico. Oserei dire che rispecchia la storia del mio Paese, che vive ancora il cosiddetto periodo di transizione. Il viaggio di Mark Mara non è solo fisico, ma è il viaggio dell’anima della Nazione, che assume connotazioni bibliche: la fuga dall’Inferno, cioè dal regime, il periodo di transizione, cioè il Purgatorio e la rinascita, che ancora non è avvenuta, cioè il Paradiso.

Int.: Diversi Paesi, tra cui l’Italia, si stanno impegnando per concretizzare una negoziazione, affinché l’Albania possa essere accolta dalla UE. Una speranza che può diventare realtà secondo te?

V. M.: Spero che questo grande desiderio si realizzi. Vorrei sicuramente vedere il mio Paese far parte dell’Unione Europea. Non essere in Europa oggi, significa essere esclusi da una grande famiglia. Diversi albanesi, per esempio, vivono in Italia, ma non si sentono di appartenere alla cultura europea, pur vivendo quotidianamente la realtà italiana. Noi siamo Europei quanto voi.

Int.: Cosa ti piace leggere?

V. M.: Leggo un po’ di tutto, anche se ho una predilezione per i classici. Apprezzo molto la letteratura contemporanea italiana ed europea. Il mio libro preferito è Edipo re di Sofocle, che costituisce da sempre per me fonte di ispirazione e che mi ha, in qualche modo, spinto a voler raccontare quanto accadde e accade nei Balcani. Rileggo molto volentieri Kafka.

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