Recensione: “La spia di Richelieu” di M. G. Sinclair

Salve amici lettori, condividere le nostre opinioni con voi ormai è divenuto un piacere irrinunciabile, tanto più quando un libro ci desta impressioni particolarmente positive non riusciamo a esimerci dal consigliarvelo, cosa che ci apprestiamo a fare con il romanzo che stiamo per presentarvi: La spia di Richelieu di M.G. Sinclair,  un romanzo storico appassionante, in grado di proiettarci attraverso il suo indimenticabile protagonista nella corte francese seicentesca, facendone emergere non solo il fascino ma anche tutte le contraddizioni imperanti.

La spia di Richelieu

M. G. Sinclair

Traduttore: Costanza Manca di Villahermosa, Gabriella Gardin, Alberto Spigariol
Editore: La Corte Editore
Collana: Millennium
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 23 maggio 2019
Pagine: 363 p., Brossura
EAN: 9788885516540

Recensione a cura di Rosa Zenone

Francia, XVII Secolo. Nato in un villaggio estremamente povero, Sebastian Morra è un nano ed è costretto a crescere in un mondo che non gli appartiene. Ha un cervello sopraffino, eppure tutti si fermano solo al suo aspetto, deridendolo e trattandolo come un abominio. La sua vita sembra segnata, ma grazie alla sua intelligenza e alla sua caparbietà riesce ad arrivare fino a Parigi, per diventare un giullare alla corte reale. Qui conoscerà un mondo totalmente diverso da quello a cui era abituato, un mondo fatto di ricchezze ma anche di terribili intrighi e segreti. Con i nemici che avanzano da tutte le parti e la salute del Cardinale Richelieu compromessa, il regno di Luigi XIII sembra avere i giorni contati. In maniera del tutto inaspettata Sebastian entrerà nella cerchia degli uomini più fidati del Cardinale, scoprendo che potrebbe essere l’unico ad avere le abilità giuste per salvare la Francia dai suoi nemici più letali. Grazie alla sua astuzia e alla sua sfrontatezza riuscirà a dimostrare al mondo intero che, nonostante la sua statura, la sua grandezza è ineguagliabile.

L’intera storia è narrata da una voce esterna e onnisciente, ma antepone all’entrata in res un ulteriore piano narrativo in prima persona. Nel suddetto viene esposto il motivo ispiratore dell’opera, infatti il narratore racconta di come al museo Prado la sua attenzione fosse stata catturata da un quadro di Velázquez, riportato sulla copertina, raffigurante colui che diverrà il protagonista del romanzo.

“E in quel momento presi coscienza di quante grandi menti nascano nel corpo sbagliato al momento sbagliato, di come, per ogni Archimede o Shakespeare, ci siano stati chissà quanti altri semi che hanno semplicemente avuto la sfortuna di cadere su terreni più aspri.”

La riflessione del narratore si incentra su tutti i grandi uomini che, a causa di circostanze avverse, risultano ignorati dai libri di storia, con la conseguenza di aver condannato all’oblio ingegni meritevoli di ricordo. Da qui la scelta di dare memoria a un personaggio che ne è privo e di rendere il nano di corte, Don Sebastian Morra, protagonista indiscusso della storia.

“In precedenza, lo aveva sostenuto la speranza che prima o poi si sarebbe messo in pari, che qualche parte dormiente del suo corpo si sarebbe risvegliata e gli avrebbe fatto conquistare l’altezza dei coetanei. Ma il mondo che lo circondava aveva continuato a crescere, mentre lui si ostinava a rimanere lo stesso. Era un problema che con il tempo peggiorava solamente. Il suo corpo gli sembrava una prigione, con le ossa che erano sbarre da cui un uomo più grande tentava di fuggire. Alcune parti raggiunsero le dimensioni adulte: il cranio, la spina dorsale, i palmi, i denti. Altre rimasero infantili: la mandibola, le dita, le braccia e le gambe. Ogni istante della giornata gli ricordava la sua anormalità (…) Ma la sua deformità la vedeva soprattutto riflessa negli occhi degli altri, nel modo in cui lo guardavano con espressione truce, a metà strada tra il fascino e il disgusto.”

Sebastian Morra è affetto da una sorta di nanismo che lo condanna a vivere in un corpo che, a differenza di quello degli altri, non è destinato a crescere e a raggiungere dimensione nella media. Tale stato genera nel suo animo estrema sofferenza, egli si sente diverso e fuori posto nel mondo, ancor più vedendosi additato quale fenomeno da baraccone.

“Per compassione lei lo avvolgeva stretto, all’inizio confinandolo nella culla, poi, quando a cinque anni fu in grado di uscirne, tenendolo ancora attaccato alla gonna (…). E là rimase per tutta l’infanzia, al sicuro nell’orbita della madre. Un corpuscolo nello spazio infinito, che gravitava tranquillo attorno a un’unica stella. (… )  Al riparo dal mondo esterno, Sebastian avrebbe ricordato quegli anni come un sogno. La madre era onnipresente e vegliava senza sosta su di lui. Era come se non avesse mai lasciato l’utero.”

La conformazione di Sebastian lo pone in una condizione di estrema solitudine, ove l’unica eccezione e protezione deriva dalla figura materna. Il rapporto tra i due è di una dolcezza disarmante, a tratti struggente, è delineato in modo impeccabile e saprà incastonarsi nelle pieghe più sensibili dell’animo del lettore.

Col passare degli anni però il protagonista sarà costretto ad abbandonare il rassicurante grembo materno e affrontare il mondo, che gli si mostrerà nei propri aspetti truci e negativi, ponendolo alla continua mercé di individui prepotenti che non gli risparmiano violenza e derisione.

“Non c’è miglior maestro della necessità, e Sebastian acquisì ben presto un’intelligenza ferina, da ratto, sapendo cogliere al volo i posti migliori per nascondersi e le vie di fuga più rapide.”

Le angherie subite ben presto gli insegnano la scaltrezza e rendono più aguzzo il suo ingegno in una disperata lotta di sopravvivenza, dove vige la massima dell’homo homini lupus.

La sua struttura fisica lo rende non adatto ai lavori manuali, tale svantaggio però si rivelerà una fortuna poiché spingerà la madre a volergli dare un’istruzione.

“Per la prima volta nella sua vita, la sua statura non contava. Importavano solo memoria, sillabazione e dizione. E lui affrontava lo studio con l’entusiasmo folle di un bambino, ripetendo ogni lezione come un mantra e cercando di ricordare tutto quello che poteva. (…) Inoltre, lo affascinava il fatto di riuscire finalmente a dare un nome alle cose, di distinguere una folaga da una pernice in un istante, o di vedere una foglia e di capire subito da quale albero provenisse. In diciotto mesi ne sapeva abbastanza da leggere e scrivere con un latino sufficientemente corretto e in due anni raggiunse il livello avanzato anche in greco.”

Nello studio la sua intelligenza vispa e arguta finalmente trova il giusto nutrimento, ma soprattutto scopre quanto in ciò non possa inficiare in alcun modo la sua piccola corporatura. Il personaggio di Sebastian è l’esempio lampante di come un uomo, nonostante la propria statura minuta, possa in realtà elevarsi attraverso la propria mente e dimostrarsi all’altezza anche in situazioni non ordinarie.

“Il villaggio era a poche centinaia di metri dalla spiaggia, un conglomerato di non più di sessanta abitazioni, tutte in stato di variabile decadimento. Quella di Sebastian non faceva eccezione. Come quelle vicine, aveva muri di fango e pietra. (…) i suoi genitori non riuscivano mai a sigillare tutte le crepe e a tenere fuori il gelo notturno. L’interno era diviso in due parti. Una era la stanza da letto di suo padre e di sua madre, l’altra poteva essere usata per tutto il resto: come sala da pranzo o come camera per lui e i suoi fratelli durante la notte. Era buia. L’unica luce entrava dal comignolo aperto e da una porta sul lato verso terra, e Sebastian se la sarebbe ricordata più come una tana che come una casa. Una vita nell’ombra. Tutti ammassati come cuccioli appena nati. Serate trascorse rannicchiati stretti attorno al fuoco, con quel tanfo familiare di fumo e sudore che penetrava nei vestiti, nella pelle e nel naso, e che impregnava tutto ciò che bevevano e mangiavano.”

Il protagonista ha umili e povere origini, così come è deducibile dalla dettagliata descrizione della sua casa a Camoches, raffigurata sotto una luce fosca e buia. In un’epoca in cui le classi sociali risultavano ben più delineate di oggi e soprattutto chiuse, Sebastian riuscirà a superare tale rigida separazione.

“All’interno, il palazzo sembrava ancora più grande, una sequenza infinita di stanze enormi con il pavimento di marmo e il soffitto dorato, con dimensioni da cattedrale su cui aleggiava una serenità innaturale se confrontate con il caos delle strade all’esterno. Sebastian aveva difficoltà a stare al passo con il valletto mentre osservava meravigliato i paesaggi dipinti, gli arazzi e i busti romani, abbagliato dallo sfarzo e con la sensazione di essere totalmente fuori luogo.”

L’abile penna dello scrittore non con meno particolari e accuratezza tratteggia anche gli ambienti della corte seicentesca, il cui sfarzo si pone in netto contrasto con l’estrazione e la casa del protagonista. Nonostante ciò, varcherà quei luoghi lussuosi e opulenti, partendo dal basso salirà sempre più in alto, giunto a corte come giullare diverrà poi un uomo di punta del cardinale Richelieu, Primo Ministro ammirato e temuto.

«Camoches ….» Richelieu si fermò e impiegò qualche tempo prima di collocare il nome. «È una lunga strada da lì fino a corte, specialmente per un uomo come te. Come ci sei riuscito?»

«Con l’ingegno.»

«Ingegno?»

«Sì, non ho praticamente nient’altro.»

Attraverso la sua acutezza e cultura riuscirà a conquistare un posto privilegiato accanto all’uomo del momento, tra intrighi e pericoli le sue giornate saranno ricche di avventure e strettamente legate al destino della corona francese. L’arrivo a corte lo porterà a conoscere però quanta bassezza risieda, in realtà, in coloro che ostentano la propria nobiltà.

La narrazione viene a intersecarsi con le vicende e i personaggi della storia francese, fittizio e reale si amalgamano in modo sinfonico e fluente, senza alcun fardello per il lettore. Se ne deduce un piglio preciso e mai approssimativo, ben attento a esplicare laddove i fatti enunciati si siano dovuti flettere leggermente sotto la necessità creativa.

La figura del protagonista è costruita in modo vincente, sensibilità e astuzia convivono in lui creando uno spessore non facilmente riproponibile. Inoltre, non solo è un personaggio di un romanzo ma è egli stesso scrittore e lettore, più volte proprio tramite la sua bocca viene elogiato il valore imperituro dei libri.

“Di regola, considerava i libri molto meglio della compagnia degli umani. Le parole erano più ponderate, i ragionamenti più strutturati, e quando non lo erano… beh, poteva sempre girare pagina.”

I personaggi che attorniano Sebastian, pur ricoprendo ruoli più o meno secondari, non hanno caratteri meno complessi. La natura umana è colta in tutte le sue debolezze e contraddizioni, anche coloro che ricoprono ruoli importanti vengono mostrati al di là delle apparenze nelle proprie fragilità.

Lo stile è scorrevole e l’abbondanza di parole sembra inscenare dinanzi ai nostri occhi le vicende narrate, risulta un libro estremamente curato nei dettagli il che lo rende particolarmente appetibile.

La spia di Richelieu è uno di quei libri che tendono a far scivolare le mani troppo velocemente sui propri fogli e che una volta terminati lasciano dietro di sé una lunga scia di profonda nostalgia.

“Il suo nome non sarebbe stato ricordato negli annali di storia, ma lui era uno dei grandi anonimi: i negoziatori, i diplomatici e le spie che componevano le mani dello Stato. Aveva comunque lasciato il segno, indelebile come le lettere incise di fronte a lui.”

M.G. Sinclair

Inglese, figlio unico di due scrittori, M.G. Sinclair è cresciuto in un mondo che ruotava attorno alla letteratura. Ha cercato di rompere la tradizione familiare e lavora come dirigente nel marketing.

Tuttavia, non è riuscito a sfuggire all’inevitabile e ha scritto la sua prima opera, un romanzo storico ispirato a un viaggio al Prado di Madrid, diventato subito un grande successo in Inghilterra.

Materiale fornito dalla casa editrice

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