Recensione: “Solo Dio è innocente” di Michele Navarra

Cari lettori oggi vi presentiamo li libro di uno scrittore, tra l’altro avvocato (e l’istinto mi dice anche bravo) forse ancora poco conosciuto eppure i suoi libri sono tutti davvero eccezionali. Ma questa volta oserei dire che Michele è stato coraggioso …. Leggete la recensione e capirete perché.

Solo Dio è innocente

 Michele Navarra

Editore: Fazi
Collana: Darkside
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 23 luglio 2020
EAN: 9788893257206

Recensione a cura di Antonella Punziano

L’assassinio di un ragazzo nella terra appartata e misteriosa del Gennargentu dove il codice barbaricino, tramandato fin da tempi antichissimi, è ancora una realtà difficile da contrastare.

Nella Sardegna profonda, tra le alture della Barbagia, l’omicidio a sangue freddo di un quindicenne riapre vecchie ferite. La faida implacabile che oppone da sempre due famiglie rivali sembra non risparmiare proprio nessuno. Il principale sospettato del delitto, Mario Serra, ha già alle spalle una lunga storia di crudeltà e di sangue, forse troppo per poter credere che vi sia ancora un briciolo di umanità in lui. Questo è il dubbio che tormenta l’avvocato incaricato della sua difesa, Alessandro Gordiani, che, dal suo studio di Roma, parte per l’isola in vista di un processo che minerà le sue convinzioni sulla natura umana e sulla giustizia, che non sempre coincide con il giudizio espresso in tribunale. Costretto a immergersi in una società antiquata e omertosa, Gordiani si sposterà tra Roma e la Sardegna per prepararsi, anche emotivamente, a un complicato processo penale.

Ogni volta che leggo i suoi libri provo sempre un po’ di tristezza…non quella negativa ma quella che nasce dalla consapevolezza di aver appena salutato un amico, uno di quelli con cui abbiamo legato tanto perché sentiamo con lui una certa affinità, che però sappiamo che non rivedremo tanto presto.

E’ questo l’effetto che fa Alessandro Gordiani, l’avvocato protagonista dei libri di Michele Navarra: un uomo semplice eppure trainante per il suo modo di pensare ma soprattutto di battersi per quello in cui crede.

Ecco i libri di Navarra non sono solo legal thriller appassionanti ma storie di vita intrise di messaggi di una profondità ed autenticità sconcertanti.

E questa volta la riflessione si gioca tutta sull’ambivalenza del senso di giustizia. Quanti di noi, leggendo le storie che appaiono sui quotidiani, gli esiti sconcertanti di alcuni processi non si sono posti la domanda su cosa sia davvero la giustizia, su quale sia la giusta punizione e a su chi spetti darla?

La vicenda è ambientata in Sardegna: Gregorio, un ragazzo quindicenne, viene ucciso con un colpo di fucile. I sospetti cadono subito su Mario Serra, un malavitoso locale nonché acerrimo nemico del padre di Gregorio perché colpevole di far parte della famiglia rea dell’uccisione tanti anni prima del fratello.

Davide, il fratello della vittima, presente sul luogo dell’omicidio, indica alla polizia di aver visto un uomo molto somigliante a Mario che viene immediatamente incarcerato.

Carlo, il fratello, si rivolge all’avvocato Gordiani che però ha una sua etica, ovvero quella di non difendere i colpevoli soprattutto se assassini di bambini. Difficile, infatti, credere all’innocenza dell’uomo quando tutte le prove convergono contro di lui.

Alessandro si era spesso soffermato sul significato esatto di quell’aggettivo. Secondo qualcuno, non esistevano cause giuste e cause sbagliate: i processi, in uno Stato di diritto, erano sempre e soltanto giusti, di conseguenza giusta doveva considerarsi la difesa dell’autore del reato, presunto o acclarato che fosse. Forse avevano ragione, glielo concedeva, ma restava comunque convinto che ci fossero delle cause più giuste di altre. Di questo era sicuro. Mario Serra avrebbe avuto in ogni caso diritto a una difesa, ma la possibilità che fosse davvero innocente rendeva quella difesa più… nobile. Sì, “nobile” era il termine esatto, almeno per il modo di pensare di Alessandro Gordiani.

Alla fine, Gordiani accetta e come il suo solito si butterà a capofitto nella difesa del suo cliente soprattutto perché, più va avanti più si convince che, al di là di ogni apparenza, Serra potrebbe davvero essere innocente.

La verità verrà a galla ma sarà ancora più amara di quella prospettata all’inizio…già perché la verità non ha mai un solo volto, più spesso, invece, ha mille sfaccettature e, in fondo, nessuno può dirsi innocente.

Ogni causa porta con sé storie di vita quotidiana che portano alla luce i sentimenti più oscuri che albergano l’animo umano: nessuno ne è scevro e in fondo ed essere dalla parte buona o da quella cattiva a volte è solo una questione di caso. Non sempre si tratta di scelte consapevoli, più frequentemente è l’impulso ad agire e, allora chi può davvero puntare il dito e dire che avrebbe fatto il contrario?

Sono queste le riflessioni che Gordiani si trova spesso a fare nel suo lavoro, un lavoro che scatena in lui sentimenti contrastanti: il confine tra bene e male non è sempre così netto e scegliere da che parte stare non è scontato e semplice come chi vive le vicende dall’esterno può pensare.

Quella costante, fastidiosa e opprimente sensazione di ansia che lo attanagliava ogniqualvolta assumeva un nuovo incarico lo stava tormentando senza sosta ormai da due giorni, in pratica dal momento in cui aveva ricevuto la telefonata da parte di Carlo Serra.

La paura di poter deludere le aspettative del cliente, l’angoscia di non aver fatto tutto quanto era possibile per sostenere le ragioni del suo assistito o di aver tralasciato qualche particolare importante, il timore di perdersi una scadenza o di sottovalutare un documento o una testimonianza: queste e tante altre erano le cose per le quali non aveva mai amato fino in fondo la sua professione, che però, volente o nolente, esercitava da oltre venticinque anni, senza contare i due durante i quali aveva provato ad abbandonare tutto. Ma quella era storia passata e adesso comunque non si sarebbe più potuto permettere di fare una scelta del genere. Non con Chiara e le bambine.

Si domandò per l’ennesima volta il motivo per il quale aveva deciso di accettare quell’incarico, difficile e delicato, per giunta spuntato fuori ad agosto, proprio nell’imminenza della chiusura dello studio.

Ecco dei libri di Michele Navarra mi piace la sua capacità di scavare nell’animo umano sospendendo il giudizio e lasciando al lettore la possibilità di seguire il suo pensiero senza esserne condizionato.

L’autore è bravissimo a tratteggiare l’animo umano ed è questo che appassiona più di tutto chi legge: personaggi reali che si muovono in una quotidianità in cui ci si può riconoscere.

Certo il confronto con l’avvocato Guerrieri di Carofiglio è inevitabile e onestamente non è un caso che abbia letto i loro libri a distanza ravvicinata: sono entrambi personaggi in qualche modo straordinari, simili ma allo stesso tempo diversi, ma tutti e due capaci di smovere sentimenti e pensieri, andando oltre la suspence della ricerca affannosa della verità.

Una verità spesso amara perché ci svela cose che non vorremmo mai sapere o vedere: ci fa capire di cosa è capace l’uomo quando il suo cuore è oscurato da cattiveria e ingordigia.

Eppure la vita sa essere anche meravigliosa…per scoprirlo basta semplicemente guardarci attorno e scopriremmo la bellezza di un sorriso delle persone che amiamo o semplicemente quella dei luoghi che frequentiamo che ormai sempre più raramente ci soffermiamo a osservare.

Già perché Michele come me ha la fortuna di vivere una città stupenda….la città eterna la chiamano…eterna come gli scorci di vita passata che quotidianamente ci offre e che non posso mai fare a meno di ammirare.

Ilaria lo riscosse dai suoi pensieri, strattonandolo per indicargli sulla sinistra la maestosa fortezza di Castel Sant’Angelo, illuminata a giorno da una miriade di bagliori luccicanti, dalla cui sommità l’arcangelo Michele, il magnifico e terribile angelo della giustizia, sorvegliava l’intera città, proteggendola benevolo e rassicurante mentre rinfoderava la spada.

Alessandro si scoprì sopraffatto dalla potenza di tanta bellezza e incapace di credere che dietro ogni intricata e contorta vicenda umana, quasi sempre sporcata da miserie, da meschinità e da passioni dettate dagli istinti più egoistici, non ci fosse un disegno più grande, un quadro i cui contorni sfuggenti non avrebbero mai potuto essere compresi da un essere piccolo e insignificante come un comune mortale.

Guardò con affetto le figlie, entrambe intente ad ammirare la magnificenza del grande castello illuminato, e si commosse pensando alla fortuna che aveva avuto rispetto a tante altre persone come lui. Si sentì quasi in dovere di pregare, di pregare con forza il Dio che gli avevano insegnato a pregare fin da bambino, quello stesso Dio che da adulto aveva più volte considerato tutt’altro che innocente, di supplicarlo di fare in modo che nulla potesse mai distruggere o turbare la serenità della sua famiglia.

Si sentì inadeguato, irriconoscente, indegno di continuare a possedere ciò che aveva.

«Roma che la più bella sei der monno… tu me parli d’amore, io t’arisponno…», cantò tra sé Alessandro.

Perché era proprio di quello che in quel momento gli stava parlando la sua città, del sentimento più potente, l’amore, unico antidoto possibile contro l’ottusa malvagità dell’uomo.

Lui, al pari della sua Roma eterna e immortale, l’aveva finalmente capito, e avrebbe fatto in modo di non dimenticarlo mai più.

Certo ci vuole coraggio a fare uscire il libro a poca distanza con quello finalista del premio strega….ma credetemi se vi dico che vale la pena leggerli entrambi.

E non posso non finire la recensione facendo a Michele la solita domanda:

A quando il prossimo?

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