Recensione: “Tempesta maledetta” di Alex Connor

Buongiorno cari lettori, oggi vi proponiamo un bellissimo thriller che gli amanti delle storie d’azione ambientate nel mondo dell’arte non possono assolutamente farsi scappare. Un libro che saprà tenervi incollati fino all’ultima pagina. Buona lettura!

Tempesta maledetta

 Alex Connor

Traduttore: Anna M. Vivaldi
Editore: Newton Compton Editori
Collana: Nuova narrativa Newton
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 9 luglio 2020
Pagine: 320 p., Rilegato
EAN: 9788822745965

Recensione a cura di Antonella Punziano

1509. A Venezia la peste riempie le calli di cadaveri. Giorgione sta trascorrendo nel suo studio il coprifuoco imposto a tutti i veneziani, quando la sua nuova opera, la Tempesta Maledetta, viene esposta per la prima volta. Ma l’identità della figura femminile che vi è dipinta provoca un vero scandalo in città. E la situazione precipita quando il quadro viene rubato e la modella rapita: Giorgione è costretto a lasciare il suo studio e a indagare nei vicoli sferzati dalla malattia.

2020. Mentre i morti da coronavirus aumentano, le gallerie d’arte di Londra, New York e Venezia chiudono e le città si svuotano sotto l’effetto del coprifuoco. Ma il rischio di contagio non ferma la criminalità: alcuni dipinti vengono trafugati, tra cui la Tempesta Maledetta e l’Adorazione dei Magi di Giorgione. Quando a Venezia e a Londra vengono uccisi due commercianti d’arte, Gil Eckhart si mette sulle tracce dell’assassino. Dovrà fare i conti con solo con le restrizioni imposte dalle quarantene e con la spietatezza dei criminali, ma anche con un misterioso informatore che prende a tormentarlo, suggerendo che la chiave per scovare il colpevole sia legata alla figura di Giorgione.

Ogni volta che leggo questi libri mi sorprendo sempre per la grande quantità di informazioni sul mondo dell’arte che perdiamo limitandoci a leggere i classici libri di arte.

Connor invece ci apre una finestra su un personaggio di cui, per quanto famoso, si scrive ben poco e ben poco si sa in effetti. E lo fa in modo originale regalandoci due protagonisti che, involontariamente, si trovano a vivere una situazione simile ma in epoche diverse.

Siamo in piena epidemia COVID, Londra e le altre città sono praticamente deserte eppure, in un clima quasi surreale, si consuma un delitto davvero incomprensibile: un commerciante d’arte, Thomas Middelshaw viene trovato nella sua casa barbaramente ucciso. L’ispettore incaricato di risolvere il caso decide di coinvolgere una sua vecchia conoscenza, Gil Eckhart, profondo conoscitore dell’arte e del mondo che si muove dietro ad essa nonché vecchio collaboratore del defunto.

«Sei sicuro che non avesse il Coronavirus?»

«Era legato a una sedia, con la vernice spalmata su tutta la faccia, sui genitali e dentro la bocca, e aveva le mani legate dietro la schiena. No, non è morto per colpa del virus. E non è stato nemmeno un suicidio», aggiunse Paul. «Si chiamava Thomas Middleshaw».

«Middleshaw?».

Paul ann ì. «Una volta lavoravi per lui, vero? Quando hai dovuto rintracciare il dipinto di Herring, me lo ricordo perché il custode era stato quasi picchiato a morte alla galleria di Middleshaw e io mi ero dovuto occupare del caso. È lì che ci siamo conosciuti».

«Me lo ricordo»

Seppure inizialmente titubante Gil decide di collaborare: in realtà non ha nulla da perdere, la sua famiglia è distante e lui è immune al virus. Le indagini, però, si rivelano subito difficoltose, non solo per il coinvolgimento di personaggi illustri, chiusi in un’omertà finalizzata a proteggere non solo sé stessi ma anche un meccanismo remunerativo cui devono la loro ascesa economica, ma anche perchè la paura del contagio favorisce la scarsa collaborazione.

Ma, in un mondo dove tutto sembra fermo, qualcuno ha pensato bene di sfruttare le attenzioni generali sul virus per dare avvio ad un furto che, in epoca normale, non sarebbe mai stato possibile.

E’ una corsa contro il tempo perché l’umanità rischia di perdere definitivamente un patrimonio artistico molto prezioso e Gil dovrà sconfiggere la reticenza ed il silenzio di chi sa per poter scogliere il filo della matassa.

Ma Gil non è il solo protagonista del libro perché la storia si svolge su due piani temporali diversi catapultando il lettore in una delle epoche più tristi del periodo rinascimentale quando il mondo sarà sconvolto dal flagello della peste.

A raccontarcelo è niente di meno che Giorgione, un artista indimenticabile per la sua produzione artistica, che offre al lettore uno squarcio fedele dell’epoca, della sua vita e della terribile pestilenza che, al pari o forse più del Covid, mieterà tantissime vittime anche illustri.

Affascinante e bellissimo è il parallelismo tra le due epidemie che l’autore riesce a rendere in modo brillante per la ricchezza di dettagli e di descrizioni.

Il lettore scoprirà così che, nonostante a separarle ci siano ben più di 500 anni a separarle, le somiglianze sono davvero notevoli: la paura del contagio, l’isolamento, la morte che non scende a compromessi, l’affanno e l’abnegazione dei curanti.

500. La mattina presto, all’alba, si sentono i lamenti, gente che strilla, prega, alcune grida, alcune sprezzanti bestemmie, e poi si iniziano a sentire i carri. Soldati, monaci, alcuni preti, vengono tutti a raccogliere i cadaveri sui cavalletti di legno che sono macchiati di sangue e fluidi corporei. Li puoi sentire arrivare a una porta, bussare, aspettare, e, qualche istante dopo, ecco il rumore delle ruote che si allontanano sul selciato.vAltri arrivano per sprangare le porte delle case in cui tutta la famiglia è appestata. Li senti bussare incessantemente e gridare di liberarli mentre il legno viene inchiodato all’entrata. Quando dipingono la croce rossa, non producono alcun rumore, anche se riesco a immaginare le setole dei pennelli che si piegano mentre imprimono il loro messaggio sulla porta sprangata

2020. A Madrid, Parigi e New York, le strade cittadine riecheggiavano degli sporadici latrati dei cani tenuti in casa, del pianto di un bambino o delle televisioni e delle radio che trasmettevano costanti flussi di notizie. Dove un tempo passeggiavano i turisti, solo gli occasionali piccioni avanzavano impettiti nel loro percorso senza ostacoli, qualche gatto randagio li spiava nell’ombra. E nel frattempo le immagini di pazienti critici, sia in Italia che altrove, a centinaia nelle terapie intensive, iniziarono a perseguitare i sogni collettivi. Distesi a pancia sotto per facilitare la respirazione, i corpi venivano supportati con i respiratori, le braccia distese lungo i fianchi, i palmi all’insù, come inquietanti bagnanti. Il personale, esausto, con indumenti protettivi e guanti, spostava continuamente i propri pazienti facendo brevi conversazioni, quello che veniva detto soffocato dalle mascherine, e dal grande sforzo nel parlare.

Ma anche l’avidità dell’animo umano: eh già, perchè chi ha pensato che un male simile potesse migliorare le persone dovrà duramente ricredersi. L’avidità è più forte di qualsiasi paura e l’indifferenza e la solitudine rappresentano un’occasione davvero ghiotta da cogliere al volo. E questi sentimenti non conoscono tempo: che si sia nel 2020 o nel 500 il motto “mors tua vita mea” sembra essere ancora e più che mai valido.

«La gente ha segnalato i vicini», risponde Fonte, gli occhi da tigre impassibili. «Alcuni per denaro, altri per paura. Hanno segnalato di aver sentito tossire, e così arrivano il controllore con il suo prete, e se dovessero trovare qualcuno malato porterebbero via l’intera famiglia». «Ma se è malata solo una persona, perché punire tutti? Perché condannarli a morte certa?» «Mi fai le stesse domande che farebbe un bambino», dice Fonte, senza intenzione di giudicare. «Le persone stanno perdendo il senno, alcuni credono che la peste sia il giudizio divino e che si ammalino soltanto i peccatori. Li denunciano per purificare la città dal male, ma in realtà lo fanno per purificare loro stessi». Mi appoggia una mano sulla spalla per un istante. Mi sembra quasi una benedizione. «Stai nascosto, Giorgione, e resta al sicuro. Se saremo giudiziosi e accorti, entrambi sopravvivremo a tutto questo»

La storia è condita da un ritmo crescente: l’azione si dipana all’inizio lentamente per lasciare spazio alle descrizioni di personaggi e atmosfere, ma piano piano cresce e si sviluppa coinvolgendo il lettore in modo sempre più incalzante.

Lo sfondo è quello di città bellissime, Venezia e Londra su tutte, accumunate da una profonda desolazione che non riesce però a privarle totalmente della loro più intima essenza: per ora sembra vincere lei, la malattia e la paura che porta con sé, ma è solo una questione di tempo, quello necessario a trovare una cura e a restituire agli uomini una quotidianità che non ora non è più così scontata.

Lo stile narrativo è semplice ma curato in ogni dettaglio con una scrittura scorrevole che rende piacevole la lettura della storia.

Il ritmo è intenso e avvincente e la trama originale: perfetto per accompagnare le nostre giornate estive che siano in riva al mare o comodamente sdraiati sulla poltrona di casa.

Materiale fornito dalla casa editrice

Libri di Alex Connor

Alexandra Connor è nata e cresciuta in Inghilterra. Ha intrapreso diverse carriere, come quella di modella e di assistente personale di un chirurgo cardiaco. Ha anche lavorato in una galleria d’arte e ora si dedica alla pittura e alla scrittura.
Il suo genere preferito è il thriller cospirativo, specialmente se ambientato nel mondo dell’arte.

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