Recensione: “Zarina” di Ellen Alpsten

Leggere un libro significa percorrere e partecipare ad altre vite, reali o fittizie che siano, in più, qualora poi il protagonista dovesse essere un personaggio storico, ci fornisce una nuova prospettiva sullo stesso o ci insegna una storia che magari ignoravamo, ne consegue un senso di arricchimento e appagamento senza eguali. Queste sono le sensazioni che seguono la lettura di Zarina, lo straordinario romanzo della serva che divenne imperatrice di Russia di Ellen Alpsten, un romanzo raffinato incentrato su una vita strabiliante che vale la pena apprendere attraverso il godimento delle sue pagine.

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Zarina

Ellen Alpsten

Traduttore: Francesco Zago
Editore: DeA Planeta Libri
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 22 ottobre 2019
Pagine: 623 p., Rilegato
EAN: 9788851173135

Recensione a cura di Rosa Zenone

Palazzo d’Inverno, febbraio 1725. Quando lo zar Pietro il Grande esala l’ultimo, travagliato respiro, sua moglie Caterina I è la regina astuta e seducente che tutti hanno imparato a temere e ad ammirare. La donna piena di risorse che ha profuso ogni sforzo pur di rimanere al fianco dell’imperatore; colei che più di ogni altra lo ha amato e odiato, aiutato e tradito, subìto e saputo domare. Ma nel passato di Caterina c’è molto di più. Figlia illegittima di un contadino della Livonia, prima che l’incontro con l’imperatore di Russia le cambiasse il nome e la vita, Caterina era Marta: sposa poco più che bambina di un soldato svedese, domestica al servizio di un pastore in Lettonia, salvata da un ufficiale dell’esercito russo, serva del principe Menšikov. Non c’è sopruso, violenza o barbarie che Marta non abbia provato sulla propria pelle e, adesso che lo zar è morto, l’ultima, decisiva battaglia la attende: quella per il potere. La parabola drammatica e trionfale di Caterina I di Russia rivive in un racconto storicamente accurato, trascinante, appassionato e appagante come solo la vita vera sa essere.

La narrazione prende avvio nel 1725, anno della morte dello zar Pietro il Grande, un decesso che rischia di far perdere alla sua consorte Caterina tutto ciò che è riuscita a conquistare fino a quel momento. È lei la protagonista assoluta e questo libro ricostruisce doviziosamente la sua storia, riempiendo con fantasia poche lacune e permettendosi pochi e irrilevanti strappi a ciò che è stato tramandato.

 “Il tempo si propagava lento, come olio sull’acqua. Pietro si era impresso nelle nostre anime al pari del suo anello con sigillo nella cera calda. Sembrava impossibile che il mondo non avesse smesso di girare nell’istante della sua scomparsa. Mio marito, la cui ferrea determinazione aveva cambiato il volto della Russia, era stato più di un sovrano. Era stato il nostro destino. Ed era ancora il mio. “

Sua è la voce narrante che, attraverso un lungo flashback, ripercorre le proprie origini e il proprio passato, per poi richiudersi ad anello tornando al presente e sulle sue ultime mosse da giocare per modellare la propria sorte ormai in bilico tra il potere e la polvere.

“Menšikov (…) mi guardò incerto da sopra le lenti. «Eccoci qui. Che vita eccezionale avete vissuto, mia signora. La volontà divina è la sola spiegazione.» Annuii. È quello che dicono di me nelle corti europee. Le mie origini sono il sollazzo che non manca mai di mettere di buonumore i delegati. Ma per Pietro, abituato a vedere ogni suo desiderio convertito in realtà, non avevano nulla di straordinario.”

Le vicende inerenti la vita di Caterina sembrano fiabesche, una donna che parte dal basso per giungere all’apice al fianco dello zar di tutte le Russie, ma tale aspetto non deve far maturare pregiudizi nel lettore poiché lei nulla ha in comune con Cenerentola, così come Pietro non si può proprio definire lo stereotipo del principe azzurro: l’autrice non eccede mai nei sentimentalismi e nelle edulcorazioni, né risparmia una certa dose di schietta e cinica crudezza. Questo è uno dei grandi meriti dell’Alpsten, non aver cercato in alcun modo di rendere l’opera un’idilliaca fiaba rosa, bensì di caricarla di un realismo di forte impatto che diviene sinonimo di autenticità, accuratezza e compiutezza.

“Avevo folti capelli neri e la pelle del colore del miele selvatico – o del moccio secco, come diceva sempre la mia matrigna. Fianchi ampi, gambe lunghe e forti, e seno sodo e generoso.”

Caterina, nata col nome di Marta, figlia illegittima di un contadino e originaria di un villaggio della Livonia, scoprirà come il fatto di essere una ragazza avvenente appartenente a un ceto basso e quindi priva di una protezione dalla soverchieria maschile, possa farla ritrovare alla mercé di un qualunque potente di turno. Infatti alla giovane età di sedici anni viene venduta come serva a un ricco uomo che l’ha adocchiata e che la condurrà lontana dai suoi affetti sottoponendola alle sue vogliose angherie.

“Era un mondo di cui non avrei mai fatto parte (…) non sarei mai stata corteggiata da quei ragazzi di buona famiglia, non sarei mai stata una timida giovinetta guardata a vista dai genitori, che mai sarebbe stata venduta per una moneta d’argento e costretta a custodire orribili segreti. Il mio volto lasciava trasparire la pena che provavo per me stessa. (…) Allora appartenevo davvero a quel mondo. Forse un giorno sarei arrivata ancora più lontano.”

La vita di Marta però non sarà in alcun modo statica e inchioderà il lettore attraverso i numerosi e sorprendenti rivolgimenti della sorte, nonostante la protagonista parta da una situazione svantaggiata e debba affrontare mille difficoltà, riuscirà a salire sempre più in alto, più di quanto potesse augurarsi, grazie a una buona dose di resilienza e pertinacia.

“Provai la sensazione di un nuotatore sorpreso tra le rapide di un fiume dopo l’ottepel’, con la corrente sul punto di travolgermi e un unico ramo cui aggrapparmi. Se solo avessi tentato di rialzare la testa per respirare e riflettere, sarei sicuramente annegata. Così guardai avanti: era l’unica direzione in cui potevo andare.”

Un tratto interessante sicuramente è l’evoluzione e la crescita di Marta, pagina dopo pagina, senza bruschi e immediati cambiamenti, si assisterà a una giovane ragazza semplice e pudica che diviene una donna sempre più determinata e riflessiva, che comincia a conoscere il mondo e il piacere della carne, pronta a mettersi in gioco e a non farsi mettere i bastoni tra le ruote da nessuno: Marta diventa Caterina, la zarina passata alla storia.

“Ekaterina Alekseevna: per la prima volta mi aveva chiamato con il mio nuovo nome. La gioia bruciò Marta in un falò di amore e orgoglio, e dalle sue ceneri sorse Caterina.”

 Una protagonista memorabile, ricostruita dotata di un forte carattere e di una forte introspezione sviluppati su un lungo piano temporale, senza però irrigidirla neppure a livello sincronico, poiché frutto di una sapiente elaborazione in grado di combinarne tonalità diverse per giungere a un ritratto eccezionale.

Zarina è un romanzo che si anima attorno al perno di Caterina, all’interno ma anche all’esterno della stessa. Accanto a lei si muove una miriade di personaggi che, a prescindere dal ruolo, non risultano mai approssimati nei tratti. Eccellente è la figura dello zar di Russia sviscerato nelle sue contraddizioni e impostato in modo complesso, se ne estrapola l’immagine di un uomo anticonvenzionale e potente che in fondo rimane pur sempre un uomo, condizione che non può assicurare assoluta armonia e immunità da sbagli, egli risulterà così in grado di suscitare simpatia e stima ma anche biasimo e compassione.

“(…) così alzai lo sguardo e… mi mancò il respiro. Era l’uomo del dipinto nella tenda di Menšikov. Pietro, lo zar di tutte le Russie era lì, alto oltre due metri nei suoi stivali: la sua massa imponente oscurò la luce delle candele il cui tremolio allungava ancora di più la sua ombra.”

Accurato e suggestivo è anche lo scenario storico, guerre e politica dello zar partecipano al quadro testimoniando la lunga ricerca alle spalle della stesura del romanzo. Ma la scrittrice non riporta solo gli aspetti più ufficiali della corte, infatti ci trasporta anche all’interno tra le sue feste, i suoi segreti e la sua mutevole natura, donandoci l’immagine di un mondo dorato instabile sul filo del rasoio.

Ammalianti sono le descrizioni dello sfarzo ivi imperante, la fantasia non potrà evitare di calarvisi per visualizzarne l’immagine. Non con meno attenzione si sviluppano le descrizioni dei luoghi, i freddi paesaggi e la maestosità di Mosca e della neo nata San Pietroburgo, corredando il tutto con tradizioni e parole tipiche.

Il libro di Ellen Alpsten non è un libro che si fa leggere ma che conduce direttamente per mano nella splendida Russia alla riscoperta dell’esistenza di una donna fuori dall’ordinario, ricordandoci come il destino di ognuno di noi non sia già dato ma ancora da scrivere.

“Com’ero arrivata fin lì? La vita non mi concedeva il tempo di meravigliarmi di fronte ai suoi miracoli, potevo solo continuare a correre cercando di non rimanere senza fiato.”

Ellen Alpsten è nata e cresciuta sugli altipiani del Kenya, e in seguito ha frequentato l’Institut d’études politiques di Parigi. Dopo la laurea ha lavorato come presentatrice e produttrice per Bloomberg, a Londra. Dal 2004 scrive per testate internazionali come Vogue, Standpoint e CN Traveler. Vive a Londra con il marito e i tre figli.

Materiale fornito dalla Casa Editrice

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