Recensione: “Bando alle chance” di Matteo Bonazza

Cari lettori, oggi ho recensito per voi “Bando alle Chance” di Matteo Bonazza: un libro stravagante, surreale, con un tocco di mistero e un punto di vista decisamente fuori dalle righe, che vi regalerà momenti di particolare spasso e introspezione.

Bando alle chance

Matteo Bonazza

Editore: Brè
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 27 giugno 2019
Pagine: 261 p., Brossura
EAN: 9788832093445

Recensione a cura di Elisa Mazza

«Bando alle chance, è il caso di dirlo, da non confondersi con le ciance, mi raccomando. Amerete le nevrosi (vere? false?) di Giambattista, i dialoghi, più spesso i pensieri, surreali, a tratti spassosi. E Sabina, la sua psicologa che lo guida verso una luce difficile da trovare, con quel ronzio onnipresente, misterioso, inquietante. Vi sembrerà di sentirlo mentre il nostro eroe guizza tra vicende strampalate, incredibili complotti, fantasmagorici personaggi al limite del credibile».

– «Mah, sto sprecando il mio tempo. E anche il tuo» dissi.

– «Non puoi sprecare ciò che non controlli. Prenditi tutto il tempo che ti serve. Che ore sono?»

– «Non lo so, non ho l’orologio. Non lo uso. Nemmeno tu?»

– «Una volta qualcuno mi ha detto: tu possiedi un orologio, ma chi possiede il tempo? Da quel giorno ho smesso di usare l’orologio.»

Giamba, il protagonista assoluto di questo romanzo, è assai strano e ci accompagna in un viaggio mentale che può sembrare a tratti confuso, ma che poi si rivela lucidissimo. Odia tantissime cose, non apprezza particolarmente nessun essere o genere vivente ed è un accanito sostenitore della birra come panacea e soluzione di tutti i mali. Ha degli attacchi di panico, paranoia e una massiccia misantropia che lo costringono ad andare da una psicologa, Sabina, per provare a scoprire cosa c’è dentro alla sua sospettosa scatola cranica.

Ho scelto questa professione perché odio tutto questo, il modo in cui viviamo. Mi piacciono, addirittura mi affascinano le persone che non si adattano alla società, al mondo. Non credo sia una malattia, in fondo, il non riuscire ad accettare tutto questo.

Sabina si rivela una sorpresa: svogliata, cinica ma curiosa, è una candidata ideale ad una delle sue rarissime amicizie. Giambattista si apre faticosamente al confronto, palesando quello che avviene nella sua improbabile psiche e manifestando credenze tutt’altro che scontate.

Un giorno viene recapitata una lettera quanto mai enigmatica e che dà inizio ad una serie di eventi che mostreranno al nostro protagonista quanto sia difficile mediare con i propri demoni interiori e con la sua innata propensione alla solitudine.

«Mi sento in guerra. Sono in guerra, contro i miei demoni. Sai quella frase? Non ardono soltanto i tetti, ma anche i cervelli. Mi sento così.»

– «E chi sta vincendo?»

– «Vincendo cosa? La guerra, dici?»

– «Si»

– «Per ora possiamo parlare di un sostanziale pareggio.»

Bonazza ha creato una storia allucinata, i personaggi sono ambigui, spesso litigiosi e così annoiati che hanno un sapore fallimentare dal punto di vista della società e nessun senso della comunità e dell’unione. 

Gli ambienti, i luoghi e le persone sono analizzati, quasi soppesati, tra il disprezzo e la nostalgia di un qualcosa dolceamaro, di un qualcosa che potrebbe essere ma non è, e occupano una bella fetta del romanzo, arricchendolo spesso di aneddoti divertenti.

Sabina sa ammansire il nostro eroe ma sa anche irritarlo, sfiorando la spirale del “vorrei qualcosa di più in questo rapporto” ma in modo assolutamente astratto.

C’è un uomo irrisolto davanti a noi, un rompicapo, una strada senza uscita.

Ciò che temo è la paura stessa, ciò che temo è la mia mente. Quando ogni luce se ne va, il colore che resta è quello del mio cuore, della mia testa, della mia anima. Qualcosa di imperscrutabile, che penso di conoscere, ma si tratta solo dell’ennesimo inganno.

Il linguaggio è quasi poetico mentre il protagonista è perso nei suoi labirintici pensieri e lo stile è descrittivo, lineare ed accurato.

I personaggi vengono abbozzati con pochi termini ma risultano comunque ben definiti, decisi e riconoscibili.

Di sicuro i colpi di scena e il finale scatenano in questo romanzo un affascinante gioco mentale al quale il lettore vorrebbe partecipare.

«Megalomania non è da considerarsi più di quello che si è, ma considerarsi per quello che si è» obiettai io, pescando nel marasma delle citazioni che maceravano tra i miei ricordi…

«Questo ancora non lo puoi sapere. Dopotutto, un superbo passa per tale solo perché dice a chiare lettere quello che gli altri si limitano a pensare. Tutti siamo megalomani, no? È il primo passo verso la grandezza.» Perdersi in queste pagine è stato istruttivo e distruttivo insieme, il nostro eroe insegna a guardarsi più attentamente dentro, a guardare alle nostre stranezze e alle più cupe paure, ci fa prendere slancio verso la “nostra verità”, quella più simile alla realtà che vediamo attraverso i nostri occhi. Ci porta a credere in noi stessi per poi smontarci perché tutto questo richiede troppa fatica.. cosa succederà ancora?! A voi scoprirlo!

Materiale fornito dalla casa editrice

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