Recensione: “Il capofamiglia” di Ivy Compton Burnett

Cari lettori, il viaggio che stiamo per affrontare ci porterà in un’epoca passata, affascinante e piena di contraddizioni, in cui la realtà e l’apparenza si confondono, ma da cui possiamo trarre grandi lezioni di vita.

Il capofamiglia

 Ivy Compton Burnett

Editore: Fazi
Collana: Le strade
Anno edizione: 2020
In commercio dal: 14 maggio 2020
EAN: 9788893253840

Recensione a cura di Maria Ruggieri

Il patriarcato trova la sua più fedele espressione nella figura di Duncan Edgeworth: padre tirannico, anaffettivo e lunatico, è il capofamiglia per antonomasia. Attorno a lui si muovono, atterriti o solleticati dal desiderio di sfida, i membri della sua famiglia: la moglie Ellen, naturalmente dimessa e timorosa, le due figlie ventenni Nance e Sybil, tanto egocentrica e sarcastica l’una quanto affettuosa e remissiva l’altra, e infine il nipote Grant, giovane donnaiolo dotato di grande spirito, costantemente in competizione con lo zio, di cui è il perfetto contraltare. Nella sala da pranzo degli Edgeworth va in scena quotidianamente una battaglia su più fronti: sotto il velo di una conversazione educata, si intuiscono tensioni sotterranee e si consumano battibecchi, giochi di potere, veri e propri duelli a suon di battute glaciali: «non stiamo semplicemente facendo colazione». Fino a quando la famiglia viene colpita da un lutto improvviso, che mescola le carte in tavola innescando una reazione a catena; strato dopo strato, ognuno dei personaggi svelerà la sua vera natura, in un crescendo di trasgressioni che comincia con l’adulterio e culmina con l’efferatezza.

Un romanzo intrigante, un viaggio nella vita di una famiglia borghese del Novecento, con le sue abitudini, le sue preoccupazioni, i suoi amori, i suoi vizi, i suoi segreti.

Il lettore viene letteralmente catapultato in una società che ora non esiste più e non può che restarne affascinato.

La scrittrice riesce a rendere perfettamente l’idea della vita che i protagonisti conducono, delle loro aspettative, delle loro speranze, delle loro delusioni, creando un quadro assolutamente realistico, pieno di dettagli, grazie anche al linguaggio scelto, ricercato ma senza fronzoli.

Il romanzo si apre presentandoci i protagonisti che si riuniscono durante la mattina di Natale del 1885.

Facciamo la conoscenza di tutti i membri della famiglia Edgeworth: Ellen, la moglie sottomessa, Nance, la figlia ribelle, Sybil, la figlia minore più remissiva, e Grant, il nipote che osteggia in ogni occasione lo zio perché vorrebbe trovare il suo posto nel mondo, o anche semplicemente nella famiglia, ma non ci riesce perché deve sottomettersi ad una volontà superiore.

Già dalle prime battute il lettore respira il clima teso che regna in casa e che sarà una costante di tutto il romanzo.

Si coglie subito la divisione dei ruoli tra ogni membro di questa famiglia patriarcale, perché senza organizzazione niente può filare liscio; ognuno ha il suo compito e il suo spazio vitale e non deve invadere quello dell’altro. Le insubordinazioni non sono ammesse e sono mal tollerate.

E infatti le scenate tra il padre e le figlie sono frequenti e si concludono immancabilmente con una sconfitta delle seconde.

Non a caso il protagonista indiscusso del romanzo è il capofamiglia, Duncan Edgeworth, di cui conosciamo il carattere tirannico, autoritario, piuttosto che autorevole, e la mancanza di affetto e di attenzione che dimostra ai membri della sua famiglia, in particolare alle donne.

È questo il suo problema: essere attorniato dalle donne.

In fondo, porta nel cuore il cruccio di non avere un erede diretto; l’unico uomo che vive con lui, infatti, è suo nipote e non nasconde a nessuno di non tollerarlo poi molto.

Come un capofamiglia che si rispetti, Duncan ha ben presente qual è il suo dovere e fa di tutto per farsi obbedire e far si che le regole che detta siano rispettate.

“E’ mio dovere fare tutto il possibile per guidarvi, o per forzarvi, se necessario, verso la retta via. Se non lo facessi, non potrei sopportarne le conseguenze. … Io devo fare tutto quello che è in mio potere”.

Il potere è la chiave di tutto. La vita della famiglia Edgeworth è scandita da quello che il capofamiglia ritiene sia giusto e conveniente fare o non fare e non si viene mai meno alla tradizione, ai riti imposti dal suo buonsenso, e in un certo senso lui è giudice di qualunque questione.

Anche davanti agli imprevisti o ai fatti dolorosi della vita, Duncan si cala nel suo ruolo ed è incapace di provare gioia o dolore. Si chiude ermeticamente nel suo guscio e nella sua biblioteca per non partecipare alla vita della famiglia, al di là dei pasti o delle visite degli amici.

Anche quando la famiglia viene colpita dal lutto, il capofamiglia conserva la sua dignità e il suo ruolo non viene scalfito dal dolore:

“Non mi sembra il caso di andare in giro con il cuore in mano” è quello che risponde a chi gli chiede come mai non manifesta i suoi sentimenti. Teme di perdere il potere che esercita su tutti quelli che conosce.

La sua presenza è opprimente oltre ogni limite e soprattutto i giovani fanno fronte comune per tentare di avere una vita normale. Quando però lui non c’è le cose sono diverse e ne sentono la mancanza perchè “senza di lui sono come una nave senza timone”.

Alla vita della famiglia partecipano molto attivamente alcuni amici, tra cui il parroco e i fedeli della chiesa che frequentano tutti insieme la domenica mattina, per tradizione.

Gli amici conoscono tutto della famiglia e si impongono con la loro presenza ciarliera e invadente per confortare da un dolore o per gioire di una bella notizia. E soprattutto giudicano tutto e tutti, nessuno escluso.

Ed è proprio per questo che a tutti viene imposto un certo contegno da tenere in pubblico.

Questa maschera che tutti indossano, però, cade quando viene a mancare il perno di tutta la famiglia e allora si innesca una reazione a catena che porterà tutti a rivelare quello che sono in realtà.

Vengono a galla comportamenti inimmaginabili, invidie, gelosie e la vita della famiglia cambia radicalmente, anche se non viene mai meno il senso di dignità che ognuno ha insito in sé perché le apparenze devono essere sempre salvate.

Non importa se la famiglia naufraga in un mare di problemi o situazioni imbarazzanti; l’importante è che le notizie brutte o scandalose non arrivino ad orecchie indiscrete.

“Dobbiamo accettare la situazione con silenziosa dignità.”

E via via che il romanzo scorre le situazioni particolari che la famiglia si trova ad affrontare subiscono un crescendo, tra matrimoni, fidanzamenti, morti, e tutto viene affrontato sempre a testa alta, con dignità e fermezza.

Un romanzo familiare, in cui vengono messi a nudo i rapporti tra uomini e donne e le dinamiche familiari con uno stile unico e un’abilità senza pari.

Questa famosa scrittrice del Novecento, conosciuta per la sagacia dei suoi scritti e per il suo stile chiaro e preciso, con questo romanzo non delude le aspettative e immerge totalmente il lettore in quell’atmosfera quasi ovattata e d’altri tempi del tutto diversa da quella dei tempi moderni.

Materiale fornito dalla Casa Editrice

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