Recensione: “Notre Dame de Paris” di Victor Hugo

Notre-Dame de Paris

Victor Hugo

Traduttore: L. G. Tenconi
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli
Collana: I grandi romanzi
Anno edizione: 2007
Formato: Tascabile
Pagine: 541 p., Brossura
EAN: 9788817016094

Recensione a cura di Mariangela Manasseri

Esmeralda, una giovane zingara di grande avvenenza, è solita danzare sul sagrato della chiesa di Notre-Dame, cuore della Parigi medievale. L’arcidiacono Frollo è attratto dalla giovane donna e, pur fra sentimenti contraddittori, cerca di farla rapire dal campanaro Quasimodo, un essere deforme fino alla mostruosità. Ma il capitano Phoebus de Châteaupers la trae in salvo e conquista il suo amore. Una vicenda melodrammatica, tetra, grottesca, che ha commosso lettori di tutti i tempi e spesso ispirato il mondo del cinema.

Il romanzo storico “Notre Dame de Paris” fu pubblicato nel 1831, nato dalla vena creativa e dal pensiero raffinato dell’allora ventinovenne Victor Hugo.

Ambientata nel 1482, la storia si apre mettendo a fuoco il primo dei personaggi che l’autore ci vuole presentare: la folla.

La fiumana di persone che assiste irrequieta allo spettacolo teatrale nelle pagine iniziali, i monelli che creano subbuglio in strada nonché le persone che irrompono nella Cattedrale nella parte più drammatica del racconto, sono alcune delle situazioni in cui il popolo è al centro della scena: con le sue molteplici sfaccettature è presente in tutta la narrazione – a volte cinico, altre aggressivo, sempre però imprevedibile e determinante per l’evolversi della vicenda.

Victor Hugo ha offerto al suo pubblico un classico di notevole spessore, diventato nel tempo  documento politico, sociale e di costume di una Parigi complessa ed articolata, che ritroveremo poi nell’altrettanto famoso “I Miserabili”.

Il lessico, così ricco e scorrevole, mantiene il lettore sul filo della trama, dall’inizio alla fine del libro. L’attenzione e la precisione nelle descrizioni, così dense di particolari, ci permette di immedesimarci nelle varie circostanze, come osservatori e testimoni silenziosi degli avvenimenti descritti.

L’impostazione stilistica, elegante ed accurata, nutre di sfumature le immagini e i luoghi in cui l’autore, con tanta passione, ci vuole accompagnare. Inoltre, le citazioni filosofiche e storiche, oltre a rendere più corposa tutta l’opera, ci rivelano la vasta conoscenza che lo scrittore aveva già maturato all’epoca della stesura.

Il tempo, le tracce che lascia sulle creazioni artistiche e sulla sorte degli uomini, è un filo conduttore costante di tutta quest’opera letteraria.

Dalla parola “fatalità”, idealmente riscoperta dopo anni sotto gli intonaci di una parete di Notre Dame,  trae origine l’ispirazione dell’autore e il destino impervio di chi dimora e vive nelle sue pagine scritte.

Ed è così, in una Parigi dalle atmosfere misteriose e inquiete, abitata nei vicoli cupi da loschi individui minacciosi, che si delinea la storia dei protagonisti.

E’ la figura di una donna, gitana e bellissima, a portare colore tra gli sfondi opachi e lividi degli ambienti cittadini: Esmeralda.

La precede nel racconto il suono dei suoi campanelli: la scena si muove seguendo le note delle sue musiche, fino ad arrivare a lei e alla sua danza. Le melodie in sottofondo conferiscono qui gioiosi ritmi di festa e vestono di particolare enfasi l’entrata di questo personaggio.     

Esmeralda rappresenta l’amore puro ed innocente – è l’integrità morale, che non accetta di piegarsi neppure di fronte alla morte. Il suo no al ricatto e al vile compromesso è insistente e determinato fino alla fine.

Lei è la pietà, la compassione che salva. Il suo incedere ammutolisce la calca che, lasciandole libero il passaggio, le permette di raggiungere Quasimodo torturato e afflitto: sazia la sua sete porgendogli dell’acqua in un gesto di forte intensità emotiva.   

Quasimodo scopre l’amore in quel momento… lo commuove, esponendolo alla forza di un sentimento che non aveva mai provato né sperimentato su di sé.

Emarginato, deriso per il suo aspetto, il destino di Quasimodo è legato profondamente a Notre Dame: egli è il campanaro, solitario e sottomesso assistente dell’arcidiacono.

Vive esiliato nella Cattedrale, protetto dalle ingiurie e dal disprezzo della gente. Si arrampica tra le guglie e le statue gotiche dislocate sulla facciata della chiesa e osserva il mondo da fuori, come se non ne facesse realmente parte.

Frollo e Febo fungono da elemento di contrasto: due persone interessate alla sola soddisfazione dei propri egoistici desideri – sono evidentemente guidati dalla sete di possesso e da un’idea di amore perverso e distorto, mancante di buona coscienza e di senso di umanità. Fanno del loro ceto sociale e del ruolo che vestono impietose armi contro il più debole.

Victor Hugo dedica un intero capitolo alla presentazione della Cattedrale, esaltandone la bellezza e l’unicità da una parte, riportando alcune criticità dall’altra. Si sente il tono polemico e il disappunto, di fronte all’effetto che il trascorrere del tempo e la mano dell’uomo hanno avuto su di essa.

Ne delinea il percorso storico, valorizzandone con convinzione il notevole contenuto artistico: non una chiesa come le altre né una rappresentazione pura del gotico, ma un esempio di opera d’arte di transizione, che porta in sé un po’ del passato e ancora non accoglie del tutto le innovazioni del futuro.

L’autore ci offre una panoramica di Parigi, fotografata dalle altissime aperture della grande chiesa. Ci guida, come stessimo davvero planando in un volo d’uccello, sui cieli della città, in un viaggio sopra i tetti, sulle torri e sulle meraviglie della capitale. Non ci sono solo i monumenti e le strutture nel fuoco dello sguardo, ma anche flashback sul passato, che ci chiariscono le lacune e ci  rendono comprensibile il presente.

Parigi è un groviglio di strade, un labirinto di vicoli che si sviluppano su più lati e innumerevoli piazze e palazzi, al cui centro risalta la Senna.

E’ una nucleo con tre anime: la Città Nuova , l’Università e la Città Vecchia – qui è Notre Dame.

La Cattedrale, con i suoi pinnacoli, i mosaici e lo splendido rosone, con le ampie navate e gli angoli nascosti nella penombra, fa sentire tutta la sua imponenza, intensa e vibrante quasi si trattasse di una presenza viva.  

E’ luogo di protezione e rifugio, prima per Quasimodo e poi per Esmeralda.

In essa si sviluppano scene d’importanza fondamentale per il destino della storia. In particolare, indimenticabile e sofferta è la scena che porta alla conclusione, dove si compie la sorte dei personaggi di spicco che abbiamo conosciuto.

Intenso, epico e travolgente il finale, in cui rabbia, vendetta e dramma si intrecciano fortemente: da quel momento il cuore appassionato di Quasimodo apparterrà indissolubilmente all’amore, e con esso rimarrà per sempre.

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