Recensione: “Siamo Palermo”

Tempo fa sono stata a Palermo per un viaggio di lavoro. Era la prima volta che vedevo questa città di cui avevo tanto sentito parlare e l’impressione che ne avevo avuto a primo impatto era stata, a onor del vero, decisamente negativa. Mi avevano in particolare colpito la rumorosità e un certo senso di trascuratezza, eppure capivo che dietro tutto ciò che vedevo c’era qualcosa che mi sfuggiva. Allora non sono riuscita a capire che cos’era, ma oggi, leggendo questo libro, sono sicura che questi dettagli che ho tanto cercato sarebbero stati lampanti ai mei occhi: avevo solo bisogno di una persona che mi guidasse alla scoperta della vera Palermo. Ora ne ho trovate ben due: Simonetta e Mimmo, in questo splendido libro che unisce biografia e storia, ci guidano alla scoperta di una delle città più affascinati, per storia e cultura, della penisola italiana.

Siamo Palermo

Simonetta Agnello Hornby, Mimmo Cuticchio

Illustratore: Michele Tranquillini
Editore: Mondadori
Collana: Strade blu
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 10 settembre 2019
Pagine: 198 p., ill. , Brossura
EAN: 9788804713258

Recensione a cura di Antonella Punziano

Simonetta e Mimmo raccontano e si raccontano, obbedendo al fascinoso labirinto che storia e memoria disegnano per loro. Ecco allora la Palermo della guerra, la Palermo vista dal mare e attraverso le trasparenze delle acque dolci che ancora la attraversavano, la Palermo della ricostruzione selvaggia, la Palermo dei morti per mafia. Ecco i vicoli della “munnizza”, i palazzi nobiliari, le statue del Serpotta, magnifiche e sensuali, le prostitute (la bionda Nicoletta che faceva sollevare le pietre sulle quali camminava), il cuntista che fa roteare la spada per impressionare il pubblico, le grandi figure della Chiesa che si sono schierate con i poveri e contro la mafia, le atmosfere di sangue degli anni Novanta, lo Spasimo e Palazzo Butera, Palazzo Branciforte, l’arte e le isole pedonali. Simonetta e Mimmo evocano una città che guarda all’Europa, non solo in ragione della sua bellezza e delle sue contraddizioni, ma anche per il desiderio di futuro che vengono esprimendo le istituzioni e le nuove generazioni.

La prima cosa che si nota nella città palermitana è la figura nitida e imponente di Monte Pellegrino che sembra ergersi a protettore della città. E la nostra Simonetta non poteva esimersi dal tesserne un elogio, un monte di cui si parla così poco ma dalla cui vetta si può osservare il paesaggio inebriante della bellezza palermitana.

A casa ho una veduta di Monte Pellegrino, il mio posto preferito nel mondo. È il mio punto fermo, è il posto dove sono cresciuta. Per me è un lui, un monte masculo. Non per nulla le ragazze leggere ci stavano così bene, e i palermitani lo preferivano all’Aspra, a Monte Cuccio e a San Martino delle Scale per le loro “cose leggere”. Dovevo sapere dov’era, se ero lontana. Quando fui mandata a Cambridge per imparare l’inglese, mi portai una bussola – regalo di mio cugino Gaspare – in modo da sapere dove guardare per dare a Monte Pellegrino, e a me stessa, la buonanotte. Ho continuato a usarla dovunque fossi, anche dopo aver preso marito. Mi ha detto dov’era Monte Pellegrino dal Kansas, dal Massachusetts, dallo Zambia e da Oxford. Io appartenevo a Monte Pellegrino, e Monte Pellegrino apparteneva a me. Prima o poi sarei tornata da lui. Come gli aborigeni australiani, avevo la mia montagna sacra. Tutto cambiò quando nacque il mio primo figlio. Da allora non ho più voluto sapere dov’è Monte Pellegrino. Non voglio sapere dov’è perché non è da lui che devo tornare. Rimane nel mio cuore, ma il mio posto è dove sono i miei figli.

Anche se il suo papà non apprezzava Palermo perché casa dell’aristocrazia siciliana che, secondo lui, non aveva ormai più ragione di esistere, la scrittrice ne è innamorata e questo amore traspare in ogni pagina del libro. È una descrizione lucida quella che il lettore si trova davanti a suoi occhi: Palermo non è solo la città dei vicoli storici, dei monumenti bellissimi e delle meravigliose opere d’arte ma è anche la città del traffico indisciplinato, dei balconi con le mutande, dei quartieri vecchi e degradati e dell’abusivismo edilizio.

Osceni e vergognosi, i balconi con le mutande hanno invaso Palermo – non soltanto le case ottocentesche, ma soprattutto i palazzoni moderni tirati su negli anni sessanta da costruttori spregiudicati con la connivenza del municipio, dei politici corrotti e della mafia. Quei palazzoni della Palermo nuova, che deturpano anche via Libertà, sono simbolo del sacco di Palermo e permanente caratteristica della mia città. Sciupata e mutandata, via Wagner mi piace ancora, ha una sua spavalda umanità.

Ma in quest’opera Palermo vive anche attraverso personaggi straordinari che hanno lasciato una traccia indelebile nella storia locale. E così conosciamo la storia di padre Cusmano, fondatore dell’Associazione Dame della Carità, nata per combattere la fame e preparare i popoli al lavoro,  di Giuseppe Puglisi, sacerdote educatore e attivista italiano, ucciso da Cosa nostra nel 1993, di Biagio Conte, rappresentante della spiritualità palermitana moderna, e dei tanti sacerdoti e laici che hanno seguito il loro esempio portando speranza in una Palermo corrotta dalla mafia e dalla povertà.

Anche questa è Palermo, la Palermo di chi non ha nulla, o di chi riesce a strappare qualcosa attraverso il sopruso. La Palermo dei vinti e dei semivinti. Gente che vorrebbe godersi la vita ma aspetta la morte.

Affascinanti sono anche le minuziose descrizioni dei cittadini palermitani e di alcuni aspetti caratteriali della sua gente: e così scopriamo la Palermo fatta di donne leggere e sensuali che non esitano ad offrirsi per far fare carriera ai mariti, di commercianti dalla dote straordinaria nel saper vendere, di nobili sopravvissuti che ostentano con superbia la ricchezza ricevuta in dote.

Le palermitane maritate, avendo fama di essere più libere delle donne della provincia, usavano occasionalmente il sesso per un miglioramento sociale, non loro ma del marito. Erano descritte caritatevolmente come “leggere”. Si sapeva che certe mogli di professionisti o di impiegati di concetto avevano favorito la carriera del marito – in genere sospettato di essere connivente – attraverso avventure con uomini di potere. La moglie palermitana che non tradiva il marito lo aiutava cercandogli clienti o pazienti.

Alla voce di Simonetta si alterna quella di Mimmo Cuticchio, il cantore dell’opera dei pupi, che arricchisce la narrazione con storie recenti e antiche di personaggi e tradizioni popolari, con proverbi, aneddoti e ricordi di una vita dedita a un mestiere ormai quasi scomparso, ma che con lui è diventato un patrimonio prezioso dell’umanità, quello del puparo.

Era il 1973 e, davanti a un consesso di antropologi ed etnomusicologi, il mio maestro Giuseppe Celano mi invitò a fare il mio primo cunto, al termine del quale mi regalò la sua spada. Fu una svolta nella mia vita, un nuovo inizio, l’affacciarmi su un mondo inesplorato e la scoperta della capacità infinitamente evocativa della parola

Tutto il racconto è appassionante come un romanzo storico o d’avventura, ai quali non ha nulla da invidiare, perché le pagine di questo libro sono in grado di appassionare il lettore trascinarlo in un vortice di deliziose evocazioni che lasciano il senso di un tempo andato ormai perso.

È la nostalgia di un passato ricco di ricordi preziosi il sentimento che suscita il libro: man mano che scorrono le pagine si rivivono i propri ricordi, ci si confronta con le proprie storie e si finisce per sentirsi appagati da questo ritorno inaspettato ad un tempo trascorso che rivive attraverso i luoghi della bellissima città di Palermo.

Con uno stile narrativo impeccabile e con una prosa poetica ma allo stesso tempo semplice, Simonetta e Mimmo ci regalano meravigliose e particolareggiate descrizioni di posti, monumenti, vicoli, piazze, case e chiese: ora non resta che tornare a Palermo per poterne godere il soggiorno con una rinnovata immagine nel cuore.

Cosa vorrei cambiare di Palermo? Non la gente: io sono come loro e loro sono come me. Comunque, non ci riuscirei. I palermitani non cambiano mai. Non la città. Palermo è bella, anzi bellissima, e rappresenta un punto d’incontro tra Africa ed Europa, Oriente e Occidente. È imperfetta, ma non c’è che fare.

Simonetta Agnello Hornby Cover

Simonetta Agnello Hornby

Vive dal 1972 a Londra, dove svolge la professione di avvocato ed è stata presidente per otto anni del Tribunale di Special Educational Needs and Disability. Il suo primo romanzo, La mennulara (la “raccoglitrice di mandorle”) – pubblicato da Feltrinelli nel 2002 e ripubblicato sempre da Feltrinelli nel 2019 –  è stato un vero e proprio caso letterario, è stato a lungo ai vertici delle classifiche ed è stato tradotto in molte lingue, ricevendo nel 2003 il Premio Letterario Forte Village. Nello stesso anno, ha vinto il Premio Stresa di Narrativa e il Premio Alassio 100 libri – Un autore per l’Europa, ed è stato finalista del Premio del Giovedì “Marisa Rusconi”. Tra i suoi titoli più celebri ricordiamo: con Feltrinelli La zia marchesa (2004), Boccamurata (2007), Vento scomposto (2009), La monaca (2010), La cucina del buon gusto (con Maria Rosario Lazzati, 2012), Il veleno dell’oleandro (2013), Il male che si deve raccontare (con Marina Calloni, 2013), Via XX Settembre (2013), Caffè amaro (2016), Nessuno può volare (2017). Ha inoltre pubblicato: Camera oscura (Skira, 2010), Un filo d’olio (Sellerio, 2011), La pecora di Pasqua (con Chiara Agnello), La mia Londra (Giunti, 2017), Il pranzo di Mosè (Giunti, 2014), Siamo Palermo con Mimmo Cuticchio (Mondadori, 2019).

Mimmo Cuticchio, erede diretto e attento interprete della tradizione palermitana dell’Opera dei pupi, ha saputo innovare un’arte che sembrava destinata a inesorabile decadenza, diventando una delle voci più autorevoli del teatro italiano contemporaneo. Cuticchio comincia negli anni settanta l’attività di puparo e oprante con i suoi spettacoli itineranti. Nel 1977 dà vita all’Associazione Figli d’arte Cuticchio e insieme alla cura per l’arte antica del cunto – il racconto orale delle gesta dei paladini – inizia quel lavoro tenace di reinvenzione di una tradizione che contribuirà al riconoscimento conferito dall’Unesco all’Opera dei pupi come parte del Patrimonio orale e immateriale dell’umanità. Tra le sue opere si ricordano anche: Aladino di tutti i colori. Da una fiaba delle mille e una notte (Arianna 2009), Alle armi, cavalieri! (Donzelli 2017), Siamo palermo (Mondadori 2019).

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