Alice a testa in giù
Cristina Origone
Lunghezza stampa: 182
Venduto da: Amazon Media EU S.à r.l.
ASIN: B07NVL89LB
Recensione a cura di Chiara Mearelli
Due voci che raccontano due storia diverse e, apparentemente, molto distanti tra loro: quella della venticinquenne Alice, il suo giro di amicizie a Genova, un gruppo coeso dalle esperienze condivise e da sesso, alcol e droga e quella della sedicenne Mia, che vive con la nonna, molto sola, emarginata e diversa, educata repressivamente e con poche possibilità di evasione. Due ragazze che sembrano essere una l’antitesi dell’altra destinate a non incontrarsi mai. Finchè un dettaglio comune, una pistola, diventerà il denominatore delle loro storie. E non solo delle loro.
“La prima persona che rivedo dopo due anni passati a Londra è mia sorella Sonia. Siamo all’aeroporto di Genova, è venuta a prendermi con un tipo nuovo, un certo Alessandro, che lei chiama Lallo. Lallo indossa una maglietta della Fred Perry e i jeans. Ha occhiali scuri e capelli sparati in aria. È biondo, non tanto alto, decisamente non il suo tipo.”
“La sua mano mi tappa la bocca, lui annaspa e ansima come una bestia mentre mi strappa le mutandine. Incomincio a lottare, in preda al panico, come quando finisci sott’acqua e se provi a prendere fiato inghiotti solo acqua.
È questo che avrei dovuto raccontare a mia madre, invece dalla mia bocca è uscito solo: «Sono incinta… forse.» Occhi bassi.
Al forse è partito lo schiaffo. «E chi ti ha messo incinta, Mia? Il tuo ragazzo?» Questo ha chiesto subito dopo.
Lei sa che non ho mai avuto un ragazzo. Non sono bella, non sono sexy, non sono attraente, non sono intelligente, devo continuare? Questo vorrei rispondere, invece mi esce: «Io non sono.» Occhi fissi sulle sue mani.”
Alice. Mia. Ecco le due protagoniste e voci narranti di questo romanzo, la prima volta che le incontriamo. Alice ha 25 anni e facciamo la sua conoscenza all’aeroporto di Genova, di ritorno da un soggiorno estero piuttosto lungo. Mia di anni ne ha 16 ed è nella cucina di casa, impegnata in un difficile confronto con un’altrettanto difficile madre.
Al ritorno Alice trova tutto come l’ha lasciato: sua sorella Sonia, con un nuovo ragazzo e un nuovo tatuaggio, gli amici Bea, Fede, Mirko, Giorgia, Fabione, Ozzy. Il quarantenne Francesco. Il suo cane. Il suo motorino.
Mia non si è mai spostata da dove vive, la casa della nonna, con l’unica eccezione di una festa, inaspettata concessione sociale in una routine semimonastica, che servirà ad illuderla di poter avere una storia con un ragazzo per ritrovarsi incinta dopo un rapporto estorto.
Sembrano lontanissime per contesto, carattere e situazione esistenziale. Non dovremo aspettare molto per capire che non è così.
In questo libro il lettore si trova ad essere spettatore, nel teatro delle generazioni, ad uno spettacolo che assume presto i toni dell’inconciliabilità tra adulti e giovani, nel quale i genitori non fanno bella figura, in special modo le madri. Un mondo adulto assente o fintamente presente, omertoso e preparato solo alle verità che si possono ascoltare senza creare fratture e squilibri, che tace le domande e ignora le risposte. E un mondo adolescienziale e giovanile che si autoreferenzia e cerca stabilità nei coetanei, negli amici, nel sesso e nella cocaina. E se appare un messaggio già sentito o ricorrente, in questo libro l’autrice lo sa rendere senza retorica, presentandolo senza luoghi comuni e privo di alcuna pretesa moralistica. Le due ragazze si raccontano e ci raccontano le loro vite con immediatezza e progressivamente si avvicinano a noi e l’una all’altra. Gli artifici narrativi non inquinano mai la scena, che è tra i palazzi, nei locali, nelle proprie stanze, nelle strade, tra le piste di droga e nel fumo: in mezzo a questa nebbia tutti cercano attenzione, considerazione e amore. Di un ragazzo, di una ragazza, della propria madre o del proprio padre, figura che, nelle molte mancanze, trova una strada per riscattarsi, al contrario della controparte femminile che è esclusivamente fallimentare. Nella rapida evoluzione del romanzo non manca né la resa narrativa della storia, né la caratterizzazione e la tipizzazione dei personaggi.
“Non so perché ma ho come l’impressione di aver sbagliato tutto. Ho sempre paura di dire la frase sbagliata al momento sbagliato e tutti i dubbi li risolvo da sola, senza chiedere” Entrambe, sia Alice che Mia, possono pronunciare queste parole. Entrambe cercano di trovare un equilibrio in sé, non potendolo cercare in altri. Ed entrambe, nel tentativo di riparare errori che non sono i loro, finiranno per cambiare la direzione delle loro vite, fino ad un inaspettato, riuscitissimo epilogo denso di colpi di scena.
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