Recensione: “La bambina del lago”

Cari lettori,
quanti di voi hanno amato e amano i romanzi e i gialli di Loriano Macchiavelli? Quest’oggi vi proponiamo l’ultimo lavoro dell’autore in collaborazione con la figlia Sabina Macchiavelli. Se deciderete di leggere questo libro, non ve ne pentirete. Chi già lo conosce si sentirà nuovamente accolto in quella dimensione unica che lo scrittore è capace di creare con la sua penna meticolosa e intelligente, se al contrario non lo conoscete, al suo termine, non riuscirete a resistere alla tentazione di leggere gli altri suoi scritti.
Buona Lettura!

La bambina del lago

Loriano Macchiavelli,Sabina Macchiavelli

Editore: Mondadori
Collana: Omnibus
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 17 settembre 2019
Pagine: 300 p., Rilegato
EAN: 9788804713234

Recensione a cura di Nelide

Appennino emiliano: dall’alto di uno sperone di roccia, Paese Nuovo sovrasta un lago. Sotto le sue acque si intravedono la chiesa e il campanile di un altro villaggio, Paese Annegato, che venne sommerso quando fu costruita la diga per imbrigliare le acque del fiume Cigolo. Nell’estate del 1930 il dottor Astorre si trasferisce qui come medico condotto. Lo accompagna la figlia Aladina, dieci anni, molto provata dalla perdita della madre, che è nata e cresciuta proprio a Paese Nuovo. Alcuni abitanti li accolgono con affetto: Cleonice, che si occupa della grande casa in cui vanno ad abitare; Tina, la rude ostessa; il Podestà, giovane socialista nominato nonostante il fascismo; il Professore, che conosce i segreti del paese e non svela a nessuno i suoi. Il primo impatto della bambina con la montagna è traumatico: si chiude in se stessa e la madre le manca sempre più. Dialoga con animali domestici; osserva il mondo impenetrabile della quercia secolare che svetta di fronte alla sua finestra; pare sia la sola in grado di aprire la porta della soffitta che custodisce gli oggetti della madre bambina. Fino a quando, di ritorno da una passeggiata, racconta di un concerto di campane sgorgato misteriosamente dalle acque del lago. Il padre, temendo per la sua salute, pensa di tornare in città. Lo dissuade il Professore: Aladina non è la prima a sostenere di aver sentito le campane e, come riporta una storia popolare, potrebbe essere una delle poche privilegiate a possedere “il seme della magia”. Tutto cambia quando Aladina incontra Gufo, un bambino solitario come lei che ama scorrazzare per i boschi. Guidata da Gufo e dal Professore, conoscerà la montagna e i suoi misteri, gli animali veri e leggendari che la abitano. Grazie al suo sguardo di bambina, scoprirà, e ci farà scoprire, alcuni dei segreti protetti dal lago o tenuti nascosti da secoli di superstizione.

«Non possiamo chiamarla Aladina» aveva detto il dottor Astorre, piuttosto scandalizzato dalla proposta.

Gialdiffa, sua moglie, aveva guardato la minuscola creatura che le stava accanto, sul letto, accoccolata dentro la cuscina, al caldo. Era nata da poche ore e, dopo aver fatto sentire la sua voce sotto forma di un gorgoglio simile a una risatina con gridolino finale, forse di gioia, s’era beatamente addormentata, sicura che non le sarebbe accaduto nulla di brutto. L’aveva guardata, le aveva sorriso e aveva chiesto al marito: «Perché no? È un bellissimo nome. Ricorda il mondo della fantasia.»

[…] Capito che Astorre non ricordava Le mille e una notte, Gialdiffa gli aveva rinfrescato la memoria: «il nome del medico del gran visir è Duban, come il tuo cognome» e a quel punto aveva preso il volume dal comodino, lo aveva aperto alla XIII notte, dove c’era il segnalibro, e gli aveva letto il brano finale della novella.

[…] Da quel preciso momento è esistito il femminile di Aladino.

Era cresciuta bene la piccola Aladina, giovane fanciulla di anni dieci, del cui nome più alcuno si era scandalizzato. Bambina di gran carattere e temperamento da sempre attendeva di visitare il Paese Nuovo, luogo natio della madre Gialdiffa, lasciato dalla donna per inseguire l’uomo di cui si era innamorata. Bramoso e inarrestabile il desiderio di visitarlo, visita rimandata di volta in volta a un giorno lontano e indefinito nel tempo.

Ma purtroppo il destino non aspetta i comodi degli uomini: non lo riguardano i malanni del signor Prefetto, i consulti, gli aggravi e i congressi. Va avanti per la sua strada. E la sua strada passava da Gialdiffa.

Una brutta notte aveva bussato alla casa del dottor Astorre, nessuno gli aveva aperto, era entrato…

Il destino non si ferma davanti ad alcun ostacolo. Nemmeno le porte chiuse.

… era entrato e si era portato via Gialdiffa.

Al dottor Astorre non erano serviti la scienza, l’esperienza, l’amore e tutto ciò che gli uomini credono di possedere e conoscere. Aveva salvato tante vite, ma non quella di sua moglie ed era la sua disperazione più grande.

Aladina avrebbe compiuto dieci anni dopo tre giorni. Un bruttissimo compleanno.

Non vi è altro da fare. La partenza è prevista per una domenica mattina come tante di una giornata estiva del 1930 a bordo della Balilla a tre marce, una vettura che rappresenta il massimo delle automobili e che raggiunge la folle velocità di 80 chilometri orari e che costa ben 10.800 lire tanto che possono permettersela soltanto coloro che hanno un buon reddito.

La scena muta esattamente come mutano i luoghi. L’appennino emiliano domina dalla sua altezza, Paese Nuovo, dalla cima di uno sperone di roccia, sovrasta un lago che sotto le sue acque cela una chiesa e un campanile di un altro villaggio, quello del Paese Annegato, del Paese Vecchio, che venne sommerso quando fu costruita la diga per imbrigliare le acque del fiume Cigolo.

E ci furono morti e il sangue si impastò al cemento e alla sabbia e ai massi della diga. E ci fu il lago che affogò la chiesa e l’osteria, la canonica e il podere del parroco, il mulino, le case di braccianti a ore e la casa torre. Assieme al parroco di allora, don Vincenzo, do’ Vizèz

La piccola Aladina ha terminato le scuole elementari e si prepara ad intraprendere gli studi della scuola media quando il padre decide di esaudire il suo desiderio di vedere il paese natio di quella madre venuta a mancare troppo presto. Ma è soltanto una volta giunta in questo che la piccola comprende che la loro permanenza non si sarebbe tradotta in una breve vacanza quanto in un trasferimento definitivo avendo il dotto Astorre accettato di ricoprire il ruolo di medico condotto.

Ad accoglierli nella loro nuova casa vi è Cleonice, colei che le mostrerà alla bambina quella stanza con quella nuvola dove Gialdiffa ha dormito per diciassette anni e in cui Aladina, per effetto, non desidera altro che addormentarvisi, per sognarla, vi è Gilberto, detto Sicuro, meccanico per macchine agricole e civili, vi è Tina, la padrona dell’osteria, vi è Milcare del Poderetto, uomo con il calesse, una sorta di taxi anni ’30, vi sono il Professore, il Podestà ma vi sono anche il liguarro, un animaletto che vive sott’acqua, che può essere grande o piccolo e che può anche volare, vi è Cococo la gallina che sarà la sua nuova amica, Ghiro Codanera, un ghiro troppo grande per essere un ghiro, dal pelo rossiccio e dalla coda nera che si crede il padrone della Grandequercia, vi è una solitudine colmata con la fantasia. Perché la madre le manca, il vuoto è incolmabile. La vecchia Aladina non esiste più.

«Sente, non mette il naso fuori dalla stanza e da quel momento diventa un’altra Aladina»

Il mondo che la circonda diventa il suo parco giochi, gli animali i suoi migliori amici, e poi, poi, ci sono loro, le campane. Di ritorno da una passeggiata racconta di aver udito provenir dal lago il frastuono delle campane in festa, in un concerto vero e proprio che riempie cuore e mente. Innanzi a dette rivelazioni, che fare? Tornare in città? Continuare a restare a Paese Nuovo? Aladina, d’altra parte, rivela il Professore, misterioso ed eclettico personaggio, non è la prima ad aver sentito il loro fragore, e se possedesse “il seme della magia”? L’incontro con Gufo, bambino solitario che ama i boschi, porterà la protagonista a conoscere animali leggendari e veri, porterà la bambina a conoscere la montagna e porterà il lettore a scoprire di quei segreti custoditi da una superstizione più forte di ogni altra cosa.

L’opera di Loriano e Sabina Macchiavelli è una favola in piena regola dolce e delicata che solletica le corde più intime del lettore grazie alla sua naturale genuinità e alla sua capacità di raccontare e affrontare attraverso la magia tematiche importanti quali la perdita di un genitore. Ad avvalorare il già forte e radicato contenuto dell’opera vi sono le ambientazioni così accuratamente e minuziosamente descritte tanto che chi legge non fatica ad immaginarle nella mente. La Grandequercia, i sentieri, il Palazzaccio sono vividi nella sua immaginazione, li percorre, accarezza e tocca come se fossero reali, come se si trovasse al fianco di Aladina nelle sue avventure.  

L’impostazione narrativa adottata è in perfetta sintonia con ogni opera precedente di Loriano Macchiavelli, per questo se già conoscete la sua penna, non vi stupirete di ritrovare non soltanto la sua pregiata scrittura ma anche quelle deliziose e curiose introduzioni al capitolo presenti già nel titolo e che fungono da anticipazione per quel che di fatto accadrà nelle pagine che immediatamente seguono. E poiché i personaggi che vengono introdotti sono davvero tanti e tanto fantasiosi, non manca nemmeno un indice introduttivo all’interno del quale ciascuno è elencato e descritto con riguardo e precisione.

Quella che ci viene proposta con “La bambina del lago” è una storia che sa far sorridere ma anche commuovere, che sa far divertire e al contempo soffrire facendoci stringere il cuore. Altra similitudine con i precedenti lavori è data dall’ambientazione storica, ci ritroviamo, infatti, in piena epoca fascista, una “scenografia” cara allo scrittore che immancabilmente non manca di analizzarla, deriderla e criticarla con grande acume e ironia.

Un romanzo che si divora, che si legge tutto d’un fiato, che fa sognare e al contempo riflettere e che è adatto tanto ai più grandi quanto ai più piccoli. La bambina del lago è uno di quei libri capaci far osservare il mondo oltre la superficie e da una diversa prospettiva, è un libro per chi crede ai fenomeni inspiegabili, è un libro che rifugge alla razionalità, che si rifugia nella fantasia.

Gli autori:

Loriano Macchiavelli nasce a Vergato in provincia di Bologna il 12 marzo del 1934. La sua prima passione è il teatro, che frequenta svolgendovi vari ruoli: dall’organizzatore di spettacoli, all’attore fino all’autore di pièce teatrali. Le sue pièce vengono portate in scena da varie compagnie. Dal 1969 vengono rappresentati molti dei suoi lavori teatrali: “In caso di calamità, viva la Patria” (1969/70), “Una storia teatrale con prologo tragico e finale comico”(1969/70), “Ballate e moti rivoluzionari” (1970/71), “Hanno dato l’assalto al cielo” (1971/72/73); “Cinema hurra” (1981/82) “Aspettando Altman” (1995). La sua carriera di scrittore subisce una svolta quando, nel 1974, decide di dedicarsi alla scrittura di romanzi gialli e con il romanzo “Fiori alla memoria” vince il premio Gran Giallo Città di Cattolica. La sua fortuna letteraria è legata, da questo momento in poi, ad uno dei personaggi da lui creati: il brigadiere Antonio Sarti, che è il personaggio principale di una serie di suoi romanzi insieme alla sua spalla Rosas, un extraparlamentare di sinistra dotato di una grande mente investigativo-analitica. La bambina del lago è il suo ultimo romanzo.

Sabina Macchiavelli è nata a Bologna nel 1964, abita fra i monti dell’Appenino modenese. Si occupa di cultura come organizzatrice di eventi ed insegnante di lingue straniere. Conduce laboratori di scrittura creativa per bambini e adulti. È autrice di audio documentari e studiosa di docufiction radiofonica, per la quale ha ottenuto un dottorato presso la University of South Wales di Cardiff. Ha pubblicato racconti e saggi comparsi in riviste e antologie. Nel 2013 è uscita per Einaudi la raccolta di racconti E a chi resta, arrivederci, scritta con il padre Loriano. “La bambina del lago” è il loro ultimo lavoro a quattro mani.

Materiale fornito dalla Casa Editrice

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