Recensione: “La ragazza che doveva morire”

Cari appassionati lettori,
quanti di voi hanno letto La saga di “Uomini che odiano le donne” ideata da Stieg Larsson? Purtroppo l’autore è venuto a mancare prima di constatare il successo della sua opera e a seguito di questo la famiglia ha deciso di affidare la stesura dei successivi tre volumi a David Lagercrantz, giornalista classe 1962, a cui è toccata una difficile eredità. Con “La ragazza che doveva morire. Millennium 6” la saga chiude il cerchio giungendo alla sua conclusione. O forse no?

La ragazza che doveva morire. Millennium. Vol. 6

David Lagercrantz

Traduttore: Laura Cangemi
Editore: Marsilio
Collana: Farfalle
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 29 agosto 2019
Pagine: 409 p., Brossura
EAN: 9788829701773

Recensione a cura di Nelide

In un parco nel centro di Stoccolma viene trovato il cadavere di un senzatetto. Sembrerebbe un triste caso di cronaca, un uomo solo e squilibrato che non ha retto alle difficoltà della vita. Il punto è che quell’uomo sembra non essere mai esistito, nessuno è in grado di risalire alla sua identità. Oltretutto, al medico legale qualcosa non torna, e a questo punto meglio consultare Mikael Blomqvist, giornalista duro e puro alla guida della rivista d’inchiesta Millennium. Mikael decide di fare qualche ricerca, incuriosito dal caso, visto che in molti avevano sentito il morto parlare ossessivamente di Johannes Forsell, il ministro svedese della Difesa. Poteva davvero esistere un legame tra il barbone e il ministro? Mikael vuole chiedere aiuto a Lisbeth Salander, ma dal funerale di Holger Palmgren la celebre hacker sembra scomparsa. Nessuno lo sa, ma Lisbeth è a Mosca per regolare una volta per tutte i conti con la sorella Camilla, la sua gemella. Ha deciso: non sarà più una preda, ora sarà lei a dare la caccia.

Per quanto non fosse medicalmente un nano con la sua altezza di un metro e cinquantaquattro, certamente il senzatetto soprannominato “nanopazzo”, si era guadagnato quell’appellativo così bizzarro. D’altra parte, come non considerarlo tale quando senza il minimo motivo balzava in piedi bloccando i passanti e parlando in modo talmente sconclusionato da suscitare il timore degli interlocutori di turno? Le sue giornate scorrevano placide in un susseguirsi di attività ben scandite e che principalmente consistevano in uno stare seduto su un pezzo di cartone Mariatorget, di fianco alla fontana con la statua di Thor suscitando anche una certa deferenza nei passanti a fronte del suo atteggiamento caratterizzato da «testa alta e la schiena dritta che gli conferivano quello sguardo da condottiero sul viale del tramonto». Che sorte ingiusta per quest’uomo che un tempo aveva avuto tutto, tanto che la gente gli si inchinava davanti, per quest’uomo che adesso non ha più niente. Purtroppo aveva perso tutto, e quella chiazza nera sulla guancia non lo aiutava. In tutto ciò, quel piumino indossato con orgoglio, un parka Marmot azzurro, che lo proteggeva da ogni più artica temperatura non riusciva a conclamarne l’austerità dei modi e la fierezza del carattere. Inspiegabilmente all’inizio di agosto, intorno al giorno undici, inoltre, sui suoi occhi era comparsa un’espressione decisa che lo aveva portato a scrivere una storia arzigogolata poi incollata alla pensilina dell’autobus Söndra Station, nella falsa veste di un giornale a muro. Tuttavia, nella notte tra il venerdì 14 e il 15 un mendicante spintosi sino a Norra Bantorget in cerca di alcol di contrabbando aveva incrociato un altro mendicante, e a seguito di una mezza colluttazione, aveva scoperto la morte.

«Più in basso, sulla strada, ci si preparava alla dieci chilometri della Midnattsloppet e nella zona c’era aria di festa popolare. Il mendicante era morto, circondato da un’atmosfera gioiosa, e a nessuno importava che avesse avuto una vita da strapazzi e imprese inverosimili, per non parlare del fatto che avesse amato una sola donna, anche lei morta in devastante solitudine

Nel mentre Lisbeth è sparita. Ha venduto il suo appartamento in Finskargatan a Stoccolma, lo ha completamente svuotato e il suo pc non emette segni di vita. È scomparsa proprio nel momento in cui Mikael, che sta scrivendo un reportage senza mordente e senza successo sul crollo delle borse, ha più bisogno di lei. Il giornalista sta inoltre cercando di risalire al nome di quel clochard rinvenuto privo di vita nel parco, con il suo numero di telefono trascritto e custodito in tasca e che, prima del decesso, farneticava di Johannes Forsell, il discusso ministro della Difesa e oggetto di una feroce campagna mediatica e sui social. L’hacker è alla ricerca di Camilla, la gemella con cui è giunta l’ora di regolare i conti anche se quel passato continua a manifestarsi con la solita durezza e crudeltà. Una sola è la parola d’ordine: vendetta.

«Era un’imprudenza? Non sapeva niente di quell’uomo, ma non si poteva dire che non fosse ben informato, e in vista dell’appuntamento dell’indomani sarebbe stato utile approfondire l’argomento. In fondo non era un gran rischio fare il percorso di un minuto fino al Grand Hotel. Era l’1.58 e si sentivano ancora delle voci. La città era sveglia

Tre storie che procedono tra loro apparentemente senza alcun filo conduttore, tre storie in cui in realtà i fili si annodano e intersecano conducendo chi legge in un ampio spazio temporale e geografico che mette in colleganza le vette dell’Everest con gli abissi della criminalità russa, tema da sempre caro alla serie. Ma qual è la verità? Riuscirà questa a venire a galla? O si è ormai perduta nei meandri di un passato remoto che non tornerà mai a vedere la luce?

David Lagercrantz torna in libreria con un nuovo capitolo della saga ideata da Larsson e lo fa con un elaborato che si propone essere il conclusivo delle vicende. Dal punto di vista dello stile narrativo, il giornalista offre un buon prodotto grazie a una penna che si confà al canonico genere della fiction televisiva e che ricorda molto, per questo, una buona e architettata sceneggiatura. I temi trattati non sono però particolarmente innovativi o originali tanto che il lettore non fatica a concludere il componimento ma al contempo non riesce a farsi coinvolgere completamente dalla trama.

Chi in particolare ha conosciuto le vicende di Lisbeth e Mikael in tempi “non sospetti” nutre l’impressione di trovarsi di fronte ad una storia forzata e che ha perso di quel pathos che al contrario era presente nei primi volumi. La sensazione è quella di trovarsi di fronte ad un fenomeno commerciale e non ci sarebbe da stupirsi se, tra qualche anno, l’autore tornasse nuovamente a scrivere di questi fortunati e ben strutturati protagonisti sui attualmente pare essere sceso il sipario.

“La ragazza che doveva morire. Millennium 6” è una lettura gradevole che mi sento di consigliare agli amanti e già conoscitori dei primi tre capitoli per chiudere il cerchio, per conoscere della fine. O forse no?

L’autore:

David Lagercrantz, classe 1962, è un affermato giornalista e scrittore tradotto in quarantasei paesi. Vive a Stoccolma ed è autore di romanzi e biografie tra cui il celebre “Io, Ibra” sulla vita di Zlatan Ibrahimović. Oltre agli ultimi tre volumi della saga di Millennium creata da Stieg Larsson, Marsilio ha pubblicato i romanzi “La caduta di un uomo. Indagine sulla morte di Alan Turing” (2016) e “Il cielo sopra l’Everest” (2018). “La ragazza che doveva morire. Millennium 6” è il suo ultimo lavoro nonché capitolo conclusivo della serie de “Uomini che odiano le donne”.

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