Recensione: “Generazione desaparecida” di Giordano Vecchietti

Cari lettori quello che vi presentiamo oggi è un libro impegnativo, un vero e proprio pugno nello stomaco perché narra con uno stile crudo e toccante allo stesso tempo, una fetta di storia dell’umanità, sconosciuta ai più: il golpe di Pinochet e le tragiche conseguenze della sua dittatura.

Generazione desaparecida.

Giordano Vecchietti

Editore: Venturaedizioni
Collana: Spiaggia libera
Anno edizione: 2019
In commercio dal: 16 ottobre 2019
Pagine: 165 p., Brossura
EAN: 9788831361002

Recensione a cura di Antonella Punziano

José, 25 anni, dirigente di un partito di sinistra e sostenitore di Unidad Popularnel Cile di Salvador Allende, vive a Valparaiso e si sveglia il mattino di martedì 11 settembre 1973 con i rumori del golpe militare già in atto dall’alba e dal quel momento scatta in lui l’istinto naturale di conservazione, del salvare se stesso dalla cattura. Clandestino e ricercato, cambi di identità, travestimenti, nessun contatto con la famiglia, isolato e continuamente in pericolo, deve sopravvivere giorno per giorno usando solo l’istinto, restando come sospeso tra la vita e la morte in un limbo emotivo ed esistenziale. Una storia romanzata inserita in un contesto storico con fatti veramente accaduti e personaggi realmente vissuti, ispirata dalle vicende di un amico “in fuga” quale simbolo dei tanti che in quel giorno maledetto videro la loro vita stravolta dagli eventi e che riuscirono a mettersi in salvo in ambasciate straniere, vivendo poi i lunghi anni dell’esilio prima di poter tornare in Patria. La generazione desaparecida è perciò quella che manca all’appello nella storia del Cile, quella che è stata estromessa con violenza da una feroce dittatura che ha eliminato i suoi esponenti più rappresentativi e che non ha potuto partecipare alla vita politico-sociale del proprio Paese ed esserne il necessario ricambio generazionale e ideale. Una generazione sopravvissuta come un naufrago aggrappato a una speranza che galleggiava nel mare in tempesta della tragica realtà, che ha lottato per vivere, con il dolore del distacco dai propri affetti più cari, con la solitudine dell’esilio e successivamente la felicità del giorno del ritorno della Democrazia. Una generazione di testimoni diretti per quelle future, para que nunca más, affinchè non accada mai più.

L’ 11 settembre è una data rimasta impressa nella mente di parecchie persone. I più la ricorderanno per il tragico attentato alle torri gemelle, pochi sanno che quella data ha segnato un punto di svolta per la popolazione cilena: in questa data, infatti avrà inizio la dittatura di Pinochet, l’assassinio di Salvador Allende, la militarizzazione del Cile.

Da quel fatidico 11 settembre avrà inizio uno dei momenti più tragici della storia cilena, drammatici perché troveranno la morte oppositori e cittadini onesti, fatali per l’ondata di violenza gratuita e ingiustificata.

La mattina di quella fatidica data il giovane José, militante e dirigente del partito di sinistra, svegliato dai rumori del golpe sarà costretto a intraprendere un viaggio alla ricerca di protezione e salvezza: un viaggio durante il quale conoscerà il valore della solidarietà ma anche il tradimento da parte di chi credeva amico e soprattutto la crudeltà degli esseri umani assetati di potere.

Più nulla esiste di me, di ciò che ero fino a pochi minuti fa. Non ho più documenti, non più un’identità civica e politica. Sono una persona che da adesso in poi e fino a chissà quando dovrà rinunciare ad esistere, a non poter dimostrare di essere quel figlio che ha reso felice suo padre per essere stato il primo e unico maschio di quattro eredi.

Chi non conosce questa storia forse non sa che da quel giorno migliaia di cittadini simpatizzanti del partito oppositore, parenti, amici, genitori, verranno prelevati, torturati e sottoposti a indicibili violenze: rinchiusi nelle carceri privati dei loro affetti, del lavoro e della dignità umana  scompariranno nel nulla.

Molti non ce la faranno: i loro corpi, sepolti  in luoghi segreti non verranno mai ritrovati …. sono i desaparecidos, frutto del genocidio sudamericano.

Sul ciglio della strada, dopo una curva, vedo un corpo disteso a terra, mi guardo intorno, nessuno in vista e allora mi avvicino velocemente. E’ un uomo che sembra avere sui 35-40 anni, orribilmente sfigurato, con segni di colpi su viso e braccia, con le gambe che sembrano fratturate, considerata la strana posizione rispetto al corpo. Sicuramente è stato ucciso con diversi colpi di arma da fuoco, visti i fori presenti sulla maglietta che indossa, disteso a terra in un lago di sangue ancora non secco…orribile!

Con uno stile un po’ crudo e a tratti quasi surreale, per la difficoltà ad immaginare che scene così crudeli possano davvero essere accadute e che l’uomo possa essersi macchiato di atti così vili e crudeli nei confronti del proprio simile, l’autore porta il lettore nel cuore di quei drammatici giorni.

Paura, apprensione, stupore ma anche profonda ammirazione sono i sentimenti che questo libro suscita: è impossibile rimanere indifferenti di fronte a quanto narrato.

Giordano Vecchietti dipinge personaggi indimenticabili: uomini che si battono in nome della democrazia, uomini che rischiano la propria vita per aiutare le vittime, donne incredibilmente forti che combattono la loro guerra al pari degli uomini.

Apro la porta distrattamente e vedo sul letto una figura di donna che mi guarda …. la mia Pilar, al mia dolce compagna, il mio amore con la quale abbiamo condiviso questo percorso insieme … Pilar si è ricordata di tanti piccoli particolari che sono stati fondamentali per ricostruire identità di persecutori e vittime e l’ha aiutata a superare un po’ quel terribile trauma fatto di paure, terrore a volte voglia di morire, di farla finita pur di non subire più umiliazioni … violenze sessuali, sevizie con la corrente elettrica. Insieme abbiamo cercato di fare un lavoro di recupero della sua identità e personalità, facendo leva sul suo carattere forte e deciso di lottatrice…

Coraggio e lealtà sono il leitmotiv del libro.

La narrazione, intensa e ricca di pathos, non può fare a meno di coinvolgere il lettore, trascinandolo in una storia  appassionante difficile da dimenticare.

Un libro che, in un mondo che sembra aver dimenticato che ciò che si ha oggi è il frutto di faticose lotte di uomini, che in nome della patria, hanno dato la loro vita, lascia un messaggio forte e importante: un invito a non chinare la testa di fronte ai soprusi, un messaggio di speranza … la speranza di un mondo migliore e più unito.

E però mi chiedo: sapranno le generazioni future di questo Paese….quelle che hanno conosciuto solo la storia raccontata della dittatura, portare avanti questi valori che oggi ci uniscono in una solidarietà meravigliosa? Oppure tutto questo soffrire, i morti, le tragedie delle scomparse e la fatica di riconquistare una Democrazia perduta per quasi 20 anni, prima o poi passerà tutto nell’oblio degli anni?

Una domanda forte, eppure, è la domanda che noi, ascoltatori passivi di una storia altrettanto cruda e segnata, quale quella del semitismo e del nazismo, dobbiamo obbligatoriamente porci se non vogliamo che ciò che i nostri nonni hanno faticosamente conquistato non vada perso o, peggio, che quella storia possa ripetersi.

Con una scrittura, semplice e fluida l’autore riesce sapientemente a trattare temi significati della storia cilena, insegnando l’importanza della solidarietà e degli affetti veri.

Ho conosciuto tante persone stupende, che mi hanno aiutato quando non avevo luoghi dove andare e cibo da mangiare: persone umili, persone coraggiose che mi hanno dimostrato come, per quanto buia e fredda possa essere una lunga notte d’inverno, prima o poi arriva l’alba di una nuova stagione primaverile che scalda cuori e menti e che prepara alla stagione del raccolto.

Tramonti e albe si succedono da sempre.

Buongiorno Cile, è sorta oggi una nuova speranza.

Materiale fornito dall’autore

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